Cloe era bellissima. Era la ragazza più desiderata dell'istituto. Non c'era ragazzo che non la sognasse. Già al secondo anno aveva fatto impazzire tutti i compagni di classe, e pure alcune ragazze; di recente si vociferava di un professore trasferito altrove a causa di una questione troppo scabrosa per poter venire alla luce.
Cloe sapeva di essere perfetta, e usava questa sua perfezione come una trappola: poteva avere tutto ciò che desiderava, come e dove voleva, senza alcuna limitazione. Ben presto la compagnia maschile divenne uno stuzzicante giochetto, un passatempo quotidiano, e non fu più sufficiente a divertirla a dovere: per questa ragione iniziò a giocare con le persone, a fare loro del male. Costringeva i fidanzati a separarsi promettendo amore eterno, poi li rifiutava. Illudeva, poi deludeva. Aveva costruito intorno a se un lugubre castello di lacrime e cuori spezzati, sicura che nulla e nessuno la avrebbe disturbata nella sua opera. Perché lei era perfetta.
Le cose cambiarono quando Jack si trasferì all'istituto. Un ragazzo particolare, molto strano, a detta di tutti; quanti giovani cambierebbero città soltanto per inseguire una storia d'amore? Eppure Jack lo aveva fatto. Aveva conosciuto Elly durante una vacanza, se ne era innamorato e da allora non aveva più voluto altro che lei. Si trasferì dopo pochi mesi di fidanzamento, e si iscrisse alla stessa scuola della sua amata. Non aveva amici, ma sembrava che non gli importasse; aveva solo un legame nei suoi interessi. Qualcuno sosteneva che fosse pericoloso, ed era meglio starne alla larga.
Cloe lo scelse come preda. Sarebbe stato sublime, il giovane innamorato che abbandona tutto per la sua bella, poi incontra una Dea che lo seduce, lo rapisce, e gli toglie l'unica cosa che gli è rimasta. Quali conseguenze avrebbe portato? Nella sua perversa curiosità, Cloe voleva scoprirlo.
Tuttavia successe qualcosa che non poteva prevedere.
"No"
Quella semplice sillaba, unita alla porta dell'armadietto che sbatteva fragorosamente. Un rifiuto. Mai, mai prima di allora Cloe si era sentita dire no dopo un suo provocante invito ad uscire insieme. Un affronto. Un affronto alla sua bellezza, al suo potere, alla sua perfezione. Inaccettabile.
Dopo qualche settimana gli studenti furono tutti invitati ad una festa. Elly non volle partecipare, timida e claustrofobica com'era, ma insistette perché Jack andasse e si divertisse. "Mi fido di te. Ti amo."
Jack obbedì riluttante, dal momento che non amava le discoteche, ma la festa era offerta dall'istituto e non c'era niente di meglio da fare.
Cloe ovviamente non volle farsi scappare l'occasione: fece chiamare Jack nella saletta privata appositamente prenotata. Non appena il ragazzo si presentò, di soppiatto chiuse a chiave la porta dietro alle sue spalle.
“Siamo solo io e te” disse lei, compiaciuta “e fuori da questa stanza nessuno può sentirci.”
Jack la guardò: indossava un vestito che difficilmente potrebbe essere definito tale: una quantità esigua di tessuto copriva a stento le parti intime, e mostrava le curve di Cloe in tutta la loro perfezione. Qualsiasi uomo avrebbe perso la testa di fronte a quella visione paradisiaca. Ma non Jack.
“Che diavolo vuoi ancora da me?” chiese, seccato.
Cloe non si perse d'animo; sapeva che sarebbe stata una caccia difficile. “Siediti” propose, indicando il divanetto. Jack si sedette, continuando a sorseggiare la birra che teneva in mano.
Cloe si portò davanti a lui, camminando lentamente. Jack nemmeno la guardò.
“Ti voglio, Jack” sussurrò lei.
“Ti ho già detto di no. Sono impegnato. Ci sono almeno 200 ragazzi al piano di sotto che ucciderebbero per essere al mio posto, penso tu possa rivolgerti ad uno di loro a caso.” la freddò Jack. Il suo tono era tanto distaccato da sembrare quasi un robot.
“No, Jack” riprese Cloe, avvicinandosi ancora “io voglio te.”
“Stai lontana da me. Primo avvertimento.” rispose lui, ancor più deciso.
Cloe non si sarebbe arresa per nessun motivo. Incurante del rifiuto, si sedette a cavalcioni sulle gambe di Jack. Lui finì la birra come se niente fosse, ignorandola.
“So che mi vuoi. Non c'è uomo al mondo che non mi voglia” sussurrò lei “e stasera ho scelto te...”
“Non mi interessa. Io non ne voglio sapere. Come ho ripetuto, sono già impegnato."
Lei si accostò al suo viso cosicché sentisse il suo profumo.
"Stai lontana da me. Secondo avvertimento. Non farmi arrivare al terzo.”
Jack scandiva le frasi con rabbia. Era evidente che la situazione lo infastidiva molto.
Cloe era ormai ossessionata da Jack. Non gli avrebbe mai permesso di uscire da lì senza prima averlo posseduto.
“Davvero rinunceresti a me per quella bambina?” chiese lei, ridacchiando.
“Quella bambina è la MIA bambina. Sono venuto qui da solo perché lei si fida ciecamente di me. E io preferirei morire piuttosto che tradire la sua fiducia. Non lo sopporterebbe. E' fragile, è piccola, ha bisogno di me. Non rischierò di perderla per un tuo stupido giochetto. Lei è l'unica cosa bella che mi è rimasta.”
Cloe si stava spazientendo. Doveva giocare il tutto per tutto. Appoggiando le mani sul divanetto avvicino pericolosamente il suo volto a quello di Jack. Mordendosi il labbro inferiore, lo fissò dritto negli occhi.
“Stai lontana da me. Ultimo avvertimento.”
Cloe non si trattenne più; rapidamente, lo baciò sulle labbra.
Per alcuni istanti l'immobilità di lui le fece credere di avercela fatta. Finalmente lo avrebbe avuto. Il suo potere era riconquistato.
Poi, un lampo di dolore le attraversò il bellissimo viso.
Aprì gli occhi: vide il suo sguardo colmo di rabbia, e i suoi denti che stringevano il labbro inferiore di lei in una morsa strettissima.
Non ebbe nemmeno il tempo di urlare, che lui diede una stretta ancora più forte al labbro che teneva fra i denti, recidendolo.
Lei, terrorizzata e tremante, si portò le mani alla bocca. Grosse e calde gocce di sangue le piovevano fra le dita. Il suo viso perfetto era stato deturpato.
Cloe urlò, ma il suo grido venne immediatamente zittito dalla mano di Jack, che di scatto le andò a stringerle la gola.
Lui la fissò, sputando il brandello di carne che ancora teneva in bocca. Il suo volto macchiato di sangue si inarcò in un sorriso perverso.
“Siamo solo io e te” disse lui, compiaciuto “e fuori da questa stanza nessuno può sentirci.”
FINE
Paura, eh?