lunedì 28 luglio 2014

12. Fuga


“Devi essere il più grande idiota mai nato!”
“Ma se il pannello posteriore si toglie senza problemi, perché avrei dovuto farmene per quello anteriore?”
“Perché c'è un maledetto sistema di allarme per quello anteriore!”
“Se lo avessi saputo prima, magari non lo avrei fatto!”
“SE TU MI LASCIASSI IL TEMPO DI PARLARE, MAGARI TE LO AVREI DETTO!”
Lio e la ragazza continuavano a litigare, ignorando l'allarme che risuonava per tutto l'Incrociatore. In caso di cattura, il Magistrato avrebbe sicuramente fatto in modo che episodi del genere non si ripetessero mai più. A qualsiasi costo.
“Va bene, adesso smettila!” urlò la ragazza “Non c'è più niente da fare. Dobbiamo farlo adesso.”
“Cosa?!?”
“SCAPPIAMO ADESSO!”
Lio rimase completamente spiazzato. Seguire la ragazza nella sua fuga avrebbe mandato a monte i suoi piani; tuttavia, non seguirla sarebbe potuto costargli la vita.
“Veloce, seguimi!” ordinò lei, spazientita.
Lio fece qualche passo verso di lei, poi si arrestò.
“Il cuscino!” Se doveva fuggire da lì, non lo avrebbe fatto senza Hub.
Lesto, strappò via i fili dalla cassetta della chiave magnetica. Subito la porta andò in cortocircuito, e fu possibile forzarla a mani nude.
“Perdi tempo per qualche stupida dose?” lo riproverò la ragazza seguendolo.
“Se qualche stupida dose finisce in mano al Magistrato, tanto vale fuggire” rispose Lio, afferrando il guanciale “E poi questa roba ci servirà. Vedrai.”
Col cuscino sotto al braccio, Lio iniziò così la sua fuga, seguendo passo passo la ragazza; era evidente che da tempo stava studiando il modo migliore per attraversare la nave, in quanto ogni svolta che prendevano li portava in un corridoio privo di porte o difese. Tutto ciò che incontrarono lungo il tragitto fu qualche membro dell'equipaggio troppo sorpreso per poterli ostacolare.
“Eccoci!” esclamo la ragazza, indicando davanti a sé “questo è il punto dove devi aiutarmi!”
“Cosa devo fare?” chiese Lio, vedendo una grande porta metallica che sbarrava la loro strada.
“Ci sono due serrature qui, dobbiamo scassinarle contemporaneamente.”
“Ma io so a mala pena come...”
“Stai zitto e sfasciala! Tanto l'allarme è già partito!”
Lio non se lo fece ripetere; afferrò la scatola della serratura e la tirò a sé con tutte le sue forze, rompendola. Afferrò quindi i cavi all'interno e attese che la sua compagna facesse altrettanto.
“Ok, tre due uno...strappa!”
La rottura non fu esattamente coordinata, e infatti la porta dapprima si aprì, poi si richiuse, poi si riaprì, ed infine rimase aperta per metà. Ma tanto bastava per lasciarli passare.
“Hai strappato troppo presto!” lo riprese subito la ragazza.
“Tu hai strappato troppo tardi, semmai!” rispose acidamente Lio “E poi che ti importa, possiamo passare!”
“Esatto” rispose la ragazza, osservando al di là della porta “adesso distrailo.”
“Distraggo chi?” chiese Lio, volgendo anche lui lo sguardo.
Vide uno dei Marine che lo pestavano nei primi giorni di prigionia correre verso di loro, in fondo al corridoio dall'altra parte della porta.
“Oh cazzo!” esclamò Lio “E come dovrei distrarlo?”
Non ricevette risposta. Si voltò verso la ragazza, ma lei non era più al suo posto. Sparita.
“Oh merda, non adesso...” disse a se stesso, vedendo il Marine che ormai raggiungeva la porta a tutta velocità. Avrebbe dovuto affrontarlo da solo, armato solamente di un cuscino.
“La tua fuga finisce qui, stronzetto!” urlò il Marine superando la porta. Aveva spalle così larghe da essere costretto a passare di profilo tra le porte bloccate.
L'enorme mano del soldato si avventò sulla testa di Lio, che la schivò per un soffio buttandosi a terra. Il Marine sfruttò con estrema rapidità quella posizione, pestando uno dei lembi della larghissima maglietta del prigioniero.
“Ora di' buonanotte!” ringhiò il Marine, caricando il pugno destro. Lio era certo che il colpo gli avrebbe staccato la testa di netto.
A quel punto, la ragazza apparve.
Si era aggrappata, non vista, al neon che illuminava il corridoio. Non appena la posizione fu propizia, fece cadere le gambe attorno alla testa del Marine, stringendolo con tutte le sue forze.
Il soldato fu preso totalmente alla sprovvista, tanto che non si accorse di chi o cosa lo avesse catturato; la ragazza ebbe il tempo così di compiere un avvitamento, sfruttando la presa sul lampadario.
Un sonoro CRACK. Poi l'enorme massa di muscolo cadde flaccidamente a terra.
Lio era abituato a vedere uomini morire davanti ai suoi occhi. Tuttavia, per un istante, rabbrividì.
“Merda, gli hai...” si fece sfuggire, arretrando un po'.
“Rotto il collo, sì” concluse la ragazza atterrando dal soffitto. Si piegò in avanti per riprendere fiato, dato che lo sforzo acrobatico era stato gravoso.
“Uccidere un militare ci rende dei nemici, oltre che dei fuggiaschi. Quindi ora non si limiteranno a catturarci e a seviziarci come facevano prima. Ora ci uccideranno a vista.” constatò lei, rifiatando “In una parola: corri!”
Schizzarono entrambi oltre la porta e raggiunsero la fine del corridoio; scesero una scala e da lì si trovarono di fronte a una lunga fila di portelli metallici: gli ingressi per le navette di salvataggio.
“Ce ne andremo con una di queste. Il percorso che abbiamo fatto dovrebbe aver ingannato la maggior parte delle guardie, visto che fino all'ultimo abbiamo puntato alla parte opposta della nave. Ma il tempo non ci è amico, dobbiamo squagliarcela subito!” disse la ragazza, concentrandosi sulla serratura di uno dei portelloni di emergenza.
“Maledizione!” esclamò Lio portandosi una mano alla fronte “Derek! Non possiamo lasciarlo qui!”
“Scordatelo” lo freddò subito lei “siamo arrivati fin qui per miracolo, è impossibile tornare indietro se ci tieni alla pelle!”
Lio avrebbe voluto rispondere, avrebbe voluto dire che preferiva morire piuttosto che lasciare Derek da solo, a pagare per le conseguenze della sua fuga. Ma non parlò. Il sangue gli si era gelato nelle vene, nel sentire il minaccioso suono di passi rapidi che scendevano la scala da cui erano giunti anche loro.
“LI HO TROVATI!” tuonò il secondo Marine, colui che aveva controllato e servito Lio per tutti gli ultimi giorni.
“Merda!” imprecò la ragazza, lasciando l'opera di scassinamento “Dammi una mano, questo non posso sorprenderlo! Forse in due abbiamo qualche possibilità!”
“Ho un'idea migliore” rispose Lio, strappando il cuscino lungo il lato corto “Distrailo.”
La ragazza lo notò armeggiare all'interno del guanciale, quindi si limitò ad aggiungere “Sbrigati.”
Mentre lei si avventava sul soldato, Lio ricaricava la siringa vuota, usata sulla ragazza il giorno prima, con una fialetta di Hub Zero.
La ragazza tentò di fermare il Marine, ma lui era quasi tre volte più grande.
“Non sei tu che voglio, cagna!” sbraitò l'energumeno, assestando un manrovescio così forte da spazzare via la sua avversaria e farla cadere a terra inerte.
“Cazzo, sbrigati!” bisbigliò Lio, mentre le ultime gocce di denso Hub fluivano nella siringa.
Il Marine lo aveva puntato, e già camminava verso di lui con rabbia.
Il passaggio fu completato e Lio richiuse la siringa.
Il Marine ormai incombeva su di lui.
Lio iniettò la droga in vena. Chiuse gli occhi mentre sentiva l'Hub fluire in ogni capillare del suo corpo.
Quando riaprì gli occhi, il mondo non era più lo stesso.
Sembrava che tutto fosse stato sommerso da una valanga di melassa. Anche il corpo di Lio appariva rallentato, rispetto alla velocità con cui percepiva l'ambiente attorno a sé.
Il Marine giunse e tirò un pugno a piena potenza diretto al volto di Lio. Gli fu sufficiente acquattarsi di poco perché il colpo andasse a vuoto.
È così che vedevi il mondo, Zero?
Da quella posizione, Lio poteva preparare con tutta calma un contrattacco: mirando al mento del Marine, saltò e tirò un montante.
La potenza del colpo stupì Lio stesso. Si ritrovò a mezz'aria, ad osservare l'espressione inebetita del Marine, mentre schegge dei suoi denti schizzavano fuori dalla bocca; il colpo era stato così potente da farli spezzare tra loro.
Mentre il soldato si massaggiava il volto dolente, Lio infierì, buttandosi su di lui e accompagnando la testa a terra con una mano. Il forte impatto stordì ulteriormente il soldato, e probabilmente ne fratturò il cranio.
Lio si osservò le mani e le braccia, mentre il Marine tossiva e gorgogliava suoni indistinti dalla sua bocca distrutta. Le vene di tutto il corpo erano affiorate per effetto dell'Hub Zero, e ora sembravano una ragnatela pulsante.
Lio strinse i pugni.
“Com'è che dicevi sempre?” chiese, rivolgendosi al Marine “Ah sì: guardami bene.”
Afferrò di scatto la testa del soldato e affondò con estrema facilità i pollici nei suoi bulbi oculari.
Accecato, tutto ciò che poté fare il Marine fu portarsi le mani al volto e mettersi a urlare.
La ragazza fissava la situazione attonita.
“Apri quella porta” intimò Lio.
Lei non se lo fece ripetere, e si avventò sulla serratura. In pochi istanti il portello era aperto.
Lio, con calma, recuperò il suo cuscino. Poi afferrò il Marine per i buchi che aveva al posto degli occhi, e iniziò a tirarselo dietro, cosa che fece urlare ancora di più il soldato. I colpi che riusciva a tirare alla ceca alle gambe di Lio parevano essere totalmente inefficaci.
Arrivato alla navetta di salvataggio, Lio mollò il corpo martoriato metà fuori e metà dentro la porta.
“Ora richiudi.”
“Ma...”
“Richiudi.”
Il portello si richiuse di scatto, tranciando di netto ogni ostacolo. Le urla cessarono.

“Questa navetta è vecchissima. Speriamo che non cada a pezzi.”
La ragazza si era piazzata al comando, mentre Lio osservava da un oblò l'Incrociatore che si allontanava.
“Tornerò a prenderti, Derek. È una promessa.”
La navetta partì a piena velocità. Dovevano allontanarsi il più possibile, dato che l'Incrociatore era una nave da guerra di tutto punto, e avrebbe potuto abbatterli in pochi attimi.
“E ora? Dove siamo diretti?” chiese Lio.
“Ovunque ci possa portare questa carretta” rispose la ragazza “cioè non molto lontano.”
“E dove? Quelli ci inseguiranno!” proseguì a chiedere Lio, nervoso.
“Direi che quella è la destinazione migliore a nostra disposizione.”
Lio guardò avanti. Vide un pianeta, munito di una grandissima luna, coprire parzialmente la splendente stella vicina, attorno alla quale evidentemente ruotava il pianeta stesso.
“Che posto è?”
“Siediti e allaccia le cinture. Tra poco lo scopriamo.”
Lio eseguì, mentre il pianeta, avvicinandosi, si faceva sempre più grande.
“Ok, tra poco entriamo nell'atmosfera. Tieniti forte.”
Lio non era abituato ai viaggi nello spazio, quindi si aggrappò al sedile, inquieto. La nave, evidentemente, era meno pronta di lui.
L'ingresso nell'atmosfera causò un sobbalzo. Tanto bastò a mandare in tilt l'intero sistema.
“Merda!” sbottò la ragazza.
“Che succede?” chiese Lio in preda all'ansia.
“È saltato tutto! Siamo in balia della gravità!”
“COSA? MA COSÌ CI SCHIANTEREMO!!!”
“Lo so, genio! La navetta è fatta apposta per resistere agli impatti...a patto che sia più solida fuori di quanto lo fosse il sistema di controllo!”
Lio era disperato. Era appena sfuggito al Magistrato, per poi morire dentro ad una scatoletta di metallo su un pianeta sconosciuto?
La velocità continuava ad aumentare. I due non poterono far altro che tenersi incollati ai sedili con tutte le loro forze.
Mentre l'esterno della navetta si trasformava in una palla di fumo e fuoco, la ragazza afferrò il braccio di Lio e lo strinse.
“Elysa.” disse “Mi chiamo Elysa.”





lunedì 21 luglio 2014

11. Piano

“Cosa?”
La testa di Lio era travolta dalle domande. Chi era quella ragazza? Cosa ci faceva su quella nave? Come sapeva tutte quelle cose sull'Hub?
La ragazza non parlava. Sembrava che quanto detto da Lio la avesse profondamente scossa.
“Mi vuoi parlare?” insistette Lio “Mi vuoi dire cosa sai? E perché diavolo ti hanno ridotta così?”
“Mi hanno ridotta così perché mi hanno beccata fuori dalla cella” rispose di scatto, con rabbia, ma senza rivolgere lo sguardo a Lio “Che stupida.”
“E che ci facevi fuori dalla cella?” continuò ad incalzare Lio.
“Non ho intenzione di rivelarti nulla. Meno sai meglio è.” chiuse aspramente lei.
Lio perse le staffe.
“PIANTALA DI FARE LA STRONZA, CAZZO! Ti ho appena salvato la pelle!”
“Salvato la pelle? Potevi uccidermi con l'Hub”
“E io come facevo a saperlo? Come cazzo pretendi che sappia le cose se non me le dici?”
“Potevi immaginartelo, non ci vuole un genio! Maledizione, inietti droga a chiunque ti capiti davanti senza sapere se potresti fare di peggio?”
“Fare di peggio? Non respiravi e perdevi battito, cosa cazzo potevo fare di peggio?”
Andarono avanti a litigare per diversi minuti. Quando finalmente rimasero senza fiato, la ragazza tentò di calmare le acque.
“Ok, senti, diamoci una calmata prima che qualcuno venga a controllare e ci scopra.” gli disse, facendo cenno con le mani di abbassare il tono “Stiamo prendendo la cosa dal verso sbagliato, sono uscita dalla mia cella in cerca di aiuto, e tu me lo hai dato. Non posso certo lamentarmi.”
“Finalmente cominci a ragionare” sbuffò Lio, sedendosi sul letto.
“Darmi l'Hub alla cieca è stata oggettivamente una cazzata...”
“Ehi!”
“...ma mi hai salvato la vita. Sono in debito con te.”
Lio storse la bocca, ma almeno aveva ottenuto il ringraziamento che voleva.
“Ora dimmi” continuò la ragazza “come hai ottenuto quelle dosi?”
“Senti, così non va” la bloccò Lio, seccato “se vuoi continuare a estorcermi informazioni, sarà il caso che cominci a dirmi qualcosa anche tu. Sono stanco di venire sballottato a destra e a sinistra come una cazzo di bambola. Non so ancora perché sono qui. Almeno tu, puoi dirmi che sta succedendo?”
La ragazza reagì istintivamente male, poi chiuse gli occhi e prese un profondo respiro “E va bene.”
Si sedette accanto a lui “Noi due siamo qui per l'Hub”
“Anche...tu?” si stupì Lio.
La ragazza annuì “Diciamo che ho avuto a che fare con quella droga e, bè, conosco vari modi per trovarla. Ma è molto rara, poche volte in vita mia l'ho vista con i miei occhi...e invece, a quanto pare, è stata proprio questa merda a rovinarmi.”
“Aspetta, tu spacci droga?” chiese Lio.
“Mi hanno catturata nella speranza di estorcermi qualche informazione sull'Hub” continuò lei, ignorandolo “ma ne so molto poco. Vorrebbero che lo producessi pure, ma non saprei nemmeno da dove cominciare. Tutto ciò che so è che ha avuto origine su un merdoso pianeta morto dove buttavano i piccoli delinquenti a morire.”
“Non avrei saputo descriverlo meglio” commentò Lio “è da lì che vengo.”
La ragazza ammutolì.
“Tranquilla, non mi offendo. È proprio un postaccio.”
“Comunque” riprese lei, cercando di ignorare il rossore che le era nato in viso “speravano che io potessi fornire qualche formula di produzione, ma come ti dicevo l'unica fonte che si conosca è...la tua.”
“Sono un fottuto VIP” esordì Lio “Ma perché vogliono sapere tutte queste cose?”
“L'Hub è potente, lo sai meglio di me” rispose la ragazza con tono grave “e il Magistrato lo sa ancora meglio di entrambi noi. Perciò lo vuole per il suo esercito. Sa che, potenzialmente, l'Hub riesce a dare vigore e acuire i sensi di chi lo usa. Migliorandolo, potrebbe diventare un autentico siero dell'invincibilità. E puoi solo immaginare cosa potrebbe fare un uomo simile, con un esercito invincibile...”
Lio sbiancò. Era così palese che si era sentito un idiota a non averlo pensato prima. L'Hub, con cui aveva convissuto per buona parte della sua esistenza, era sì una droga che dava sollievo, ma soprattutto era un dopante; lui stesso ne aveva fatto uso spesso e volentieri prima di una missione difficile o prima di un impegno gravoso. Il Magistrato aveva avuto una giusta intuizione, tentando di ricavarne una fonte di potere. E Lio quel potere lo aveva, nascosto dentro al suo cuscino.
“Dimmi che non glie lo hai dato.” chiese ansiosamente la ragazza.
“Cosa? No, no, accidenti. Derek è un genio della truffa, gli rifila continuamente dosi sporche illudendolo di fare degli enormi sforzi per migliorare.”
“Derek? Sarebbe il vecchietto del laboratorio?”
“Sì, proprio lu...” Lio si interruppe sobbalzando “Ma come diavolo fai a sapere tutte queste cose?!”
“Entro ed esco dove voglio. Sono una brava scassinatrice.” rispose lei sorridendo “Ho girato per tutta la nave, spulciato archivi, spiato attività...insomma, ho raccolto un mare di informazioni. Per esempio, tu ti chiami Lio, giusto?”
Lio si accigliò. Si sentiva preso in giro. “Sì, è giusto. Mentre tu invece ti chiami...?”
“Te lo dirò solo quando saremo fuori di qui” rispose lei; poi si mise in ginocchio sul materasso e fissò Lio con occhi divertiti “e qui viene il bello: ho un piano per fuggire.”

“Così mi ha detto che mi insegnerà ad aprire le porte” disse Lio, pestando le macchie secche di Hubcum nel mortaio.
“E poi?” chiese Derek, facendo lo stesso accanto a lui.
“E poi niente, ha scardinato il muro accanto alla porta, ha armeggiato un po' coi cavi che ha trovato lì e ha aperto; poi se ne è andata, promettendo di tornare stasera”
La ragazza gli aveva fatto promettere di non rivelare niente a nessuno. Ovviamente, Lio aveva raccontato tutto a Derek il giorno successivo.
“Se vuoi sapere la mia opinione ragazzo, è una pessima idea” commentò l'Alchimista, scettico “Evadere vi renderà dei ricercati, e il Magistrato non è tipo da lasciar correre...”
“La penso allo stesso modo” svelò Lio.
“Ma allora perché...”
“La ragazza intende insegnarmi a forzare le serrature di questa nave, e io ho intenzione di imparare a farlo perfettamente. Ma prima di evadere ho un altro compito da svolgere.”
Derek interruppe l'opera, fissando il suo aiutante “Sei sicuro?”
Lio ricambiò lo sguardo, altrettanto cupamente “Entrerò nella camera del Magistrato mentre dorme e lo accoltellerò in faccia fino a renderlo uno scolapasta. Poi spariremo da qui.”
Derek lo guardò di traverso, poi fece spallucce “Bè, in questo caso dovrò unirmi a voi.”
“Ah sì? Bè, sei il benvenuto” commentò Lio.
“Con un magistrato morto, mica posso rimanere qui da solo a fare niente, no? Eheheh!”

La sera arrivò rapida. Lio si fece accompagnare in silenzio alla cella, e altrettanto in silenzio attese che il Marine portasse la cena alla ragazza e poi nella sua cella. Non appena il soldato sparì dal suo raggio visivo, Lio si accostò il più possibile al vetro, in attesa di vedere movimenti provenire dalla cella accanto.
“C'è un bello spettacolo lì fuori?” chiese una voce alle sue spalle.
Lio schizzò in aria, voltandosi di 180 gradi. Col cuore in gola, vide la ragazza al centro della cella, che sghignazzava per lo scherzo riuscito.
“Ma cosa...come...” balbettò Lio.
“Ero nascosta sotto al letto” spiegò lei “Ti aspettavo. Nella mia cella ho lasciato un fagotto tra le coperte. Il Marine ha sicuramente pensato che io stia ancora recuperando la batosta di ieri. Facile no?”
Lio ingoiò lo spavento “Non farlo mai più. E ora mettiamoci al lavoro.”
“Signorsì” rispose lei, scimmiottando un saluto militare.
Si misero al lavoro, smontando il pannello metallico che nascondeva i cavi della serratura. Alla vista, il muro era perfettamente inviolabile, eppure la ragazza sapeva con precisione millimetrica dove fare pressione, dove tirare e dove rompere qualcosa se necessario.
“Ieri era più facile” disse lei.
“Ieri eri più forte” rispose Lio, pensando all'Hub.
Una volta fatto, arrivò la parte complicata.
“Ok, novellino, guarda bene, perché fare questa cosa dall'altro lato, a scatola chiusa, è molto più difficile.”
Dopo un paio di minuti la testa di Lio era già in procinto di esplodere, in seguito alla valanga di nozioni su induzione magnetica, trasmissione, cavi rossi, cavi verdi e quant'altro.
“...ed infine, ti basta far passare velocemente la limetta di qui.” concluse la ragazza. Nel mostrare l'azione da compiere, le porte si aprirono.
“Usciamo, tu proverai da fuori”
“Come? Da fuori? Ma io non so...”
“Non fare il bambino, puoi benissimo cominciare da lì” lo incoraggiò, spingendolo fuori prima che le porte si richiudessero automaticamente.
“Ok, allora...” iniziò a borbottare Lio, studiando la scatoletta dove prendeva alloggio la chiave magnetica.
“Se ti può essere d'aiuto, ti è andata bene. Questo è un Incrociatore, su una nave prigione le serrature sarebbero state impossibili.”
“Oh, allora sarà una passeggiata,” commentò Lio, ironico “dunque, partiamo da...”
“No. Devi partire da sotto.”
“Ah ok, allora sotto...”
“Metti la limetta nell'altro verso.”
“Ci stavo arrivando, calmati. Quindi ora faccio contatto qui e...”
“Vacci piano, non vorrai staccare un cavo e mandare in corto il sistema!”
“Senti ma se semplicemente togliessi il pannello anteriore? Almeno vedo quello che faccio, dopotutto ho appena iniziato” sbottò Lio, afferrando il dispositivo.
“Ma...cosa fai? NO!”
Troppo tardi. Lio strattonò il pannello e quello si staccò.
“Oh, fantastico...” commentò Lio, vedendo luci rosse iniziare a lampeggiare ad ogni angolo del corridoio.
Una sirena risuonava per tutta la nave. L'allarme generale era scattato.
Presto l'intero equipaggio sarebbe venuto a prenderli.


lunedì 14 luglio 2014

10. Cura

“È tutta colpa mia.”
Derek non faceva altro che ripeterlo. Lio apprezzava che l'Alchimista si preoccupasse per lui, ma in quel momento avrebbe preferito che stesse in silenzio. Farsi togliere le schegge di vetro dalla schiena era già abbastanza doloroso.
Strinse i denti mentre Derek estraeva una lama di vetro acuminata dalla spalla. Il Marine non aveva avuto la bontà d'animo di spostare la vetreria prima di sbatterci sopra Lio, perciò tutta la strumentazione si era rotta e buona parte gli si era conficcata nella carne.
“Doveva fermarlo prima” riprese Derek, buttando la scheggia in un cestino lì accanto e preparandosi a togliere la prossima con delle pinzette “se fossi stato più lesto, non ti avrebbero nemmeno toccato. È colpa mia.”
“Non scusarti Derek, la colpa è di quel bisonte, non certo tua. Puliscimi un po' e basta” chiuse il discorso Lio, soffocando il dolore bruciante.
L'Alchimista continuò l'opera in silenzio. Una volta estratti tutti i vetri, disinfettò le ferite e coprì il tutto con un'ampia fascia di bende prese dalla cassetta del pronto soccorso.
“Temo che il tatuaggio si sia rovinato” commentò Derek, osservando il taglio che attraversava le lettere WB sulla schiena di Lio.
“Oh no...” sospirò Lio, deluso. Un altro ricordo di Nidhogg che iniziava a sbiadire. Istantaneamente strinse i denti ed i pugni “Quel figlio di troia mi pagherà anche questa.”
Derek chiuse rabbiosamente il kit medico “Senti ragazzo, ma cosa hai in mente di fare? Non li hai sentiti? Questi non appena sgarriamo ci fanno fuori senza battere ciglio! Non siamo più ai tempi di Bellinger, non comandiamo noi. Ora comandano loro.”
Io non dipendo da voi, non ho bisogno di voi, e non ho paura di prendermi ciò che mi serve.
Le parole del nuovo Magistrato risuonarono nella mente di Lio. Bellinger, che per lui era sempre stato semplicemente il Magistrato fino a che non era morto su Nidhogg per un mix di droghe errato, era sempre stato un debole. Ricordava perfettamente le battute e le prese in giro riservategli da Parcox, e Bellinger aveva sempre abbozzato senza reagire, per timore che il suo tanto amato Hub non gli venisse consegnato.
Col nuovo Magistrato la situazione era del tutto diversa. Non c'era più il rapporto spacciatore-cliente a mettere in sicurezza Lio e i suoi compagni; il nuovo Magistrato era arrivato e si era preso quello di cui aveva bisogno, con tutta la forza disponibile.
Anche Derek produceva droga per Bellinger, e quindi anche per lui la situazione era completamente mutata. Il nuovo magistrato non voleva l'Hub per sé, perciò non si sarebbe fatto troppi problemi a eliminare i due produttori qualora non avessero soddisfatto la sua richiesta.
Quel fatto, inoltre, apriva un interrogativo “Perché vuole l'Hub?”
“Cosa?” chiese Derek.
“Perché il Magistrato vuole l'Hub? Se non lo usa per sé, a che gli serve?”
L'Alchimista si grattò i pochi peli che aveva sul mento, dubbioso “Non lo so, forse per i suoi sottoposti ancora dipendenti dalla droga?”
“Potrebbe essere, ma allora perché pretende delle dosi di qualità superiore? Per fargli un favore? Non mi pare certo un tipo altruista...”
L'espressione di Derek era sempre più incerta “Non saprei davvero ragazzo. Il damerino è al comando di questa nave da poco, e non ci ho parlato molto spesso. Non che lui si sbottoni mai su qualcosa. L'unica cosa che posso dirti è che, per ora, ci conviene assecondarlo.”

Lio si coricò.
Un'altra giornata di attività era passata, stavolta con l'intento di produrre Hub di qualità discreta. Per evitare sospetti, il miglioramento doveva essere progressivo, come aveva saggiamente suggerito Derek.
Sdraiarsi sulla schiena era impossibile, i tagli bruciavano al solo contatto col materasso. Qualsiasi altra posizione era comunque un dolore per le ossa.
“Devo smetterla di farmi picchiare...” constatò Lio, tra sé.
Improvvisamente, un gemito femminile.
Lio si sedette aguzzando le orecchie. Proveniva dalla cella accanto.
“È l'ultima volta che esci di qui con le tue gambe, troia!”
Colpi. Pugni. Urla strozzate.
La stavano pestando.
Lio scattò in piedi e si catapultò alla porta. Attraverso la finestrella non poteva vedere altro che il corridoio vuoto. Ancora qualche rumore sordo, poi dalla cella uscirono i due soliti soldati. I loro pugni serrati erano sporchi di sangue.
“Merda” disse Lio, a denti stretti.
Si appoggiò con l'orecchio alla parete che divideva le celle: tutto ciò che sentiva era un debole singhiozzo.
Bussò.
TOC TOC.
Nessuna risposta. Bussò più forte.
TOC TOC TOC TOC.
Prima di rendersene conto, stava tempestando il muro di pugni, travolto dall'ansia.
“Smettila di fare casino” mormorò una voce rotta, alle sue spalle.
Voltandosi, Lio la vide oltre la porta aperta. Occhi gonfi, naso sanguinante, e braccio stretto intorno alle costole.
Lio tirò un sospiro di sollievo. Si avvicinò per aiutarla e dirle che per un attimo aveva temuto il peggio.
Non fece in tempo. La ragazza chiuse gli occhi e cadde faccia avanti.
“Oh cazzo!” esclamò Lio, catapultandosi su di lei.
La girò: la ragazza aveva perso i sensi e non respirava.
“MERDA! SVEGLIATI!” le urlò in faccia, scrollandola. Non sembrò avere alcun effetto. Le tastò la gola in cerca del battito, e lo trovò lento e debole.
La situazione era gravissima. C'era una sola cosa che Lio potesse fare.
Corse rapidamente fino al cuscino e infilò due dita nello strappo che aveva fatto. Estrasse una fiala di Hub Zero, e una siringa piena di Hub sporco; con le mani che tremavano per la fretta, tolse lo stantuffo dalla siringa e versò nel wc il contenuto alterato, dopodiché vi immise la dose Zero.
Rapidamente si buttò in ginocchio accanto alla ragazza, prendendole un braccio e schiaffeggiandolo all'altezza del gomito per far emergere la vena.
“Coraggio ragazza” mormorò infilando l'ago nella pelle “arriva la botta.”
Pochi battiti del suo cuore bastarono a mandare in circolo l'Hub. L'effetto fu esplosivo.
La ragazza schizzò a sedere, urlando. Afferrò la maglietta di Lio con la sinistra e caricò il pugno, pronta a colpirlo.
“Ferma ferma ferma FERMA!” sbraitò Lio, per niente ansioso di farsi pestare ancora “Calmati. Stai bene, è passata. Calma.”
La ragazza faceva brevi respiri agitati, facendo saettare gli occhi da ogni parte.
“Che mi hai dato?” chiese, mollando la presa su Lio.
Lio accompagnò la mano lontano da lui, con delicatezza “Roba forte. Si chiama Hub.”
“HUB?!?” la ragazza strisciò indietro, spaventata a morte “MI HAI DATO DELL'HUB?”
“Bè sì...” rispose Lio, sorpreso sia per la reazione, sia per il fatto che la ragazza, apparentemente, conoscesse quella droga.
“Pazzo scriteriato!” continuò a urlare quasi in lacrime “Mi hai condannata a morte! Mi hai uccisa! Mi hai appena...”
Si guardò attorno per alcuni istanti, poi si fissò le mani aperte, voltandole varie volte.
“Come mai non sono morta?” chiese, scossa.
“Perché dovresti?” chiese Lio, fissandola dubbiosamente.
“L'Hub uccide il Click, maledizione! Dovrei essere morta ora, ma non lo sono!”
“Non so cosa sia il Click, ma credo di aver capito” rispose Lio, grattandosi la nuca “L'Hub di norma è letale se c'è altra droga simile nel corpo...ma quello che ti ho dato io è sicuro. Hub Zero. Una formula migliorata”
La ragazza abbassò le mani, ma non parve per nulla rassicurata “Mi stai dicendo che sei riuscito a sintetizzare un Hub superiore?”
“Non lo ho fatto io, ma sì. Hub superiore.” concluse Lio, orgoglioso del lavoro suo e di Derek.
La ragazza non parve altrettanto felice.
“Allora è fatta. Siamo fottuti.”

lunedì 7 luglio 2014

9. Zero

Lio osservò con timore reverenziale il liquido dorato contenuto nella fialetta.
“Cos'è?” chiese, senza smettere di fissarlo.
“Hub” rispose tranquillamente Derek “o meglio, Super-Hub. Ho trattato quella dose in tutti i modi possibili, e non c'è ombra di dubbio: questa è la formula definitiva dell'Hub. La dose migliore mai realizzata.”
Lio era a bocca aperta.
“Le migliorie sono varie” proseguì L'Alchimista, divertito dallo stupore del suo ascoltatore “innanzitutto non c'è più il fastidioso problema delle droghe simili, che metteva a repentaglio la vita di chi si iniettava cose come il Turok e altre sostanze di origine naturale. Inoltre, la copertura è molto più lunga; con una dose di queste puoi startene tranquillo anche per una settimana senza cadere in astinenza. E, dulcis in fundo, l'effetto dopante è molto, molto più potente.”
“Più...potente?” chiese Lio.
Derek sospirò, senza smettere di sogghignare “Oltre ad essere il realizzatore di questa meraviglia, sono anche l'unica cavia che ho a disposizione. Ho fatto molti esperimenti da quando sono qui, e qualcuno è anche andato male, ma quando ho provato questa...è stato incredibile. Percepivo cose che prima non potevo cogliere, ero diventato più veloce, più reattivo, e più di ogni altra cosa, forte. Incredibilmente forte.”
“Cioè mi stai dicendo che questa roba ti potenzia i sensi e i muscoli?” chiese Lio, sapendo bene di cosa stava parlando.
“Esattamente!” rispose Derek, entusiasta “e per questa ragione ho battezzato questa formula col nome di...”
“Zero” lo interruppe Lio, in un soffio. Gli effetti descritti dall'Alchimista erano gli stessi che manifestava il suo giovane amico quando veniva colto da schizofrenia.
Derek rimase per un attimo interdetto, poi si allargò di un sorriso.
“Hub Zero...è perfetto! Mi piace! Suona addirittura meglio del nome che gli avevo dato!”
“Che sarebbe?”
“Hub Pompamuscoli!”
Lio strinse a sé la fialetta. Il potere di Zero non era andato perduto, e da quel momento non lo sarebbe stato nemmeno il suo nome. Sospirò, poi si rivolse a Derek.
“Ma che razza di nome del cazzo è Hub Pompamuscoli?”

Lavorarono insieme per ore, dapprima realizzando le dosi sporche da consegnare ai Marine, poi si misero al lavoro vero e proprio. Lio osservò in modo maniacale ogni gesto, ogni passo, ogni variazione nella preparazione che Derek metteva in atto: non aveva mai visto nessuno così preciso e al contempo rapido nel muoversi tra banchi ed alambicchi. Era evidente che oltre ad anni di esperienza, L'Alchimista aveva un dono di natura.
Alla fine del processo, ricavarono tre fialette di Hub Zero, che Derek donò al suo nuovo aiutante. “Io ne ho tante. Usale come meglio credi.”
Lio nascose con cura le preziose fialette sotto gli indumenti, e pochi istanti dopo le porte del laboratorio si aprirono, lasciando entrare il Marine che, come sempre, doveva riaccompagnarlo in cella. Salutò calorosamente Derek (che, a quanto si evinceva da una brandina nell'angolo della stanza, non lasciava il laboratorio per dormire) ed uscì, scortato dal Marine.
Durante il tragitto per la cella, Lio si divertì a punzecchiare il suo aguzzino.
“Hai rassettato la mia stanza? Non mi piace dormire in un letto disfatto. E mi raccomando, pulisci meglio il cesso! L'ultima volta l'odore lasciava molto a desiderare.”
Lio camminava davanti al soldato e non poteva vedere la sua faccia, ma gli bastava immaginarsela.
“Sei una brava domestica, ma un po' distratta. D'ora in poi sarò molto più severo con te. Ho deciso: ti meriti una bella sculacciata, che magari ti piace pure. Tu ti pieghi per pulire per terra e io ti do tanti begli schiaffi sul cu...”
Il Marine calciò il retro delle ginocchia di Lio facendolo cadere, poi gli assestò un pugno sulla nuca. Evidentemente la misura era colma.
Il soldato prese Lio sotto al mento e puntò gli occhi su di sé.
“Guardami bene” ordinò, con voce tremante di rabbia “guardami bene in faccia mentre ti pesto.”
“Ogni volta mi dici che devo guardarti” rispose Lio, combattendo il capogiro infernale procuratogli dalla botta alla testa “che c'è, ti senti insicuro?”
Gli occhi del Marine si tinsero di rosso. Un pugno raggiunse la faccia di Lio così forte da farlo sbattere contro la parete dietro di lui.
“Ti ricaccio la tua insolenza su per il culo, sacco di merda” inveì il soldato mentre riprendeva Lio per la collottola e lo tempestava di pugni.
Lio non si era accorto di trovarsi di fronte alla propria cella, ma se ne rese conto non appena il Marine aprì le porte e lo lanciò dentro, facendolo volare e poi rotolare sul pavimento. Contuso e ammaccato, decise di starsene per un po' a terra mentre il Marine depositava il vassoio con la cena.
“Nessuno ha detto che ci serve la tua lingua lunga. Rivolgimi di nuovo la parola e ti faccio ingoiare tutti i denti.” Così si congedò il soldato, prima di andarsene chiudendo le porte.
“Giuro che prima o poi ammazzo anche te” disse Lio, a denti stretti.
Cenò in silenzio e in fretta. La bocca gli faceva male nel chiudersi, sicuramente a causa di un colpo di troppo. Prese una delle fialette di Hub Zero e la guardò.
“No” disse tra sé “mi saranno più utili se troverò un modo per andarmene da qui. Una notte di sonno mi rimetterà in sesto.”
Prese tutte le dosi che aveva conservato, sia le sporche sia le Zero, poi fece un piccolo strappo nel cuscino e cautamente le infilò tutte all'interno. “Qui saranno più al sicuro, se quello scimmione dovesse picchiarmi di nuovo almeno non rischierò di romperle.”
Una volta finito, si sdraiò sul fianco, rivolto verso il muro metallico.
TOC TOC.
La risposta non fu immediata, ma non si fece attendere troppo.
TOC TOC.
“Bene” pensò Lio “Siamo ancora vivi entrambi.”
Impossibile tuttavia prevedere per quanto.

Il sonno fu rapido e burrascoso. Nidhogg venne di nuovo attaccata e Zero morì per l'ennesima volta. Lio si chiese se quel dramma lo avrebbe accompagnato per tutte le notti della sua vita, mentre entrava nel laboratorio di Derek.
L'Alchimista lo accolse sorridendo. Si conoscevano solo da pochi giorni, ma il passato comune li aveva resi già amici fraterni. Quella mattina continuarono a lavorare scambiandosi storie del passato di Nidhogg.
“Hai detto che sei di West Braxis, giusto? Quando c'ero io i clan ancora non avevano un nome, ma si distinguevano colorando i vestiti. Di che colore è West Braxis?”
“Giallo” rispose Lio, tenendo gli occhi sul lavoro.
“Ah! I gialli! Ricordo che a quelli piaceva stare sui tetti, e infatti erano degli assi a difendersi.”
“Infatti il nostro quartiere lo difendevamo con dei cecchini sui tetti.” rispose Lio, annuendo. Era incredibile quanto il passato semi-sconosciuto di Nidhogg avesse influito sull'organizzazione recente dei clan.
“I più rognosi in assoluto erano i blu” riprese Derek “come si chiamano adesso?”
“Down Town Warriors” rispose Lio “O meglio, una parte di loro è blu e si chiama così. Una volta erano un grande clan, molto pericoloso, ma in seguito per divergenze interne si è diviso in tre: Down Town Warriors, Down Town Killers azzurri e Down Town Fighters azzurri molto chiari. Non sono più tanto pericolosi, visto che passano tutto il tempo...” Lio si interruppe. “Passavano...passavano tutto il tempo a combattersi a vicenda.”
Derek notò che Lio si era rabbuiato nel pronunciare quell'ultima frase.
“Pensi che ci sia ancora qualcuno vivo su Nidhogg?” chiese, dopo lunghi attimi di silenzio.
“Ho visto molti dei miei fratelli morire sotto i miei occhi. La mia casa è crollata e il mio clan è distrutto. Ho perso tutto. Mi sono rimasti solo gli incubi.”
Derek lo fissò, preoccupato. “Mi dispiace...”
“Ma io sono il King di West Braxis, e lo sarò finché ho fiato in corpo. Non so ancora come farò, ma stai certo che chi ci ha sfidati se ne pentirà. Dovesse costarmi la vita, avrò la nostra vendetta.”
L'Alchimista ora era decisamente più allarmato dal tono di Lio “Ragazzo, non so cosa ti sei messo in testa, ma morire tentando di vendicarti non porterà...”
Fu interrotto dalle porte che si aprivano. Le enormi sagome dei due Marine entrarono nel laboratorio, per poi fare largo alla persona che stavano scortando.
“La situazione è intollerabile” esordì il Magistrato, fissando severamente Lio e Derek.
Lio strinse i denti così forte da farli stridere. Era lì, a pochi passi da lui. L'istinto gli suggeriva di prendere il pestello per l'Hubcum e sbatterglielo sul muso fino ad affossargli la faccia, ma in quel caso i Marine lo avrebbero neutralizzato ancora prima avvicinarsi al suo obbiettivo.
“Mi hai chiesto strumenti, e io te li ho dati” riprese il Magistrato, rivolto a Derek “mi hai chiesto tempo, e io te l'ho dato. Hai detto che solo su Nidhogg sapevano come realizzare un Hub di qualità, e io ti ho portato un esperto direttamente da lì. Perché allora le dosi di ieri erano scadenti come al solito?”
“Se pensi che realizzare Hub sia un processo semplice, sei libero di venire qui e farlo da solo. È impossibile creare un carico perfetto, e come il ragazzo mi ha confermato, da Nidhogg uscivano solo le dosi migliori.”
Lio distolse lo sguardo. Era un bluff, ma Derek era calmo e tranquillo nel parlare. Forse se la sarebbero bevuta.
“Quindi è questo il meglio che riesci a fare?” chiese il Magistrato, spazientito.
“Per ora sì. Affinando la tecnica miglioreremo. E continueremo a farlo, se ora ci lasciate lavorare”
“Molto bene allora” concluse il loro carceriere “se questo è il massimo della qualità che puoi darmi, allora prendere un prigioniero da Nidhogg è stato perfettamente inutile. Eliminatelo.”
Lio rimase col fiato sospeso a sentire quelle parole. Guardò i soldati, e capì al volo che non aspettavano altro.
Il Marine che si occupava quotidianamente di lui lo sollevò e lo sbatté sul banco da lavoro, rovesciando tutti gli strumenti che vi si trovavano. Dapprima lo stordì sbattendogli violentemente la testa sul piano, poi gli strinse le mani alla gola.
“Guardami bene” disse, schiumando di rabbia.
Lio tentò di reagire, ma il nemico era molto più forte di lui. Non c'era via di scampo.
“Lui mi serve” disse Derek, ostentando sicurezza “È un ottimo aiutante. E conosce già tutto il procedimento, un aiuto può solo accelerare il mio lavoro.”
Il Magistrato guardò Derek di sbieco, poi sollevò una mano. Il Marine, controvoglia, mollò la presa, lasciando Lio ad annaspare in cerca di aria.
“Avete tre giorni di tempo” ordinò il Magistrato, mentre i Marine uscivano dalla stanza “Se non riuscite a realizzare delle dosi efficaci, mi sbarazzerò di entrambi voi.”




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