lunedì 22 dicembre 2014

26. Sipario

La nebbia.
Zero entrava senza bussare.
La radio squittiva.
Lio rispondeva.
“Sono tanti...”

"Coraggio ragazzo..."
Il torpore rendeva ogni cosa indistinta.
"Forza. Ne hai passate di peggio."
Lio socchiuse gli occhi. Riusciva a distinguere una luce, ma niente di più.
"Su. svegliati. Fai il bravo. Ecco."
La voce di Derek lo stava gradualmente risvegliando.
"C-che succede?" balbettò Lio, stordito.
"Partiamo con le cose positive: hai sfondato il naso e un'arcata sopraccigliare del soldato che ci stava sparando. Devi aver accumulato un bello stress nel tuo periodo di assenza, per sfogarti così. Il tizio è morto in pochi minuti, non ci darà altri fastidi."
"Dove sono? D-dove mi trovo?" continuò a chiedere: aveva sognato Nidhogg, per l'ennesima volta, ed ora non riconosceva l'ambiente che lo circondava.
"Siamo in una stanza dell'incrociatore. Subito dopo aver sfogato i tuoi istinti da bullo, sei svenuto. Credevamo stessi per lasciarci le penne. Elysa mi ha detto che hai passato svariati giorni senza mangiare ne dormire, perciò ho provveduto a, diciamo, rifocillarti, eheheh."
"Dov'è Elysa?"
"Sul ponte di comando. Sta tentando di tenere in rotta questa bagnarola."
Lio stava riacquistando lucidità "Siamo partiti? Ce l'abbiamo fatta?"
"Sì e no. Partire a razzo è stato un bel colpo per toglierci dai piedi quell'ammasso di steroidi, ma ha fatto danni serissimi a tutta la nave. Molte funzioni sono saltate e molte aree inaccessibili...in pratica stiamo andando a pedali. Elysa sembra abbastanza contrariata, ti sconsiglio di stare nella stessa stanza con lei per le prossime ore."
Lio si sedette sul bordo del lettino, portandosi le mani alla testa. Qualunque cosa gli avesse dato Derek, gli stava procurando un'emicrania.
"Ce la faremo a tornare a Nidhogg?"
"Se tutto resta in queste condizioni, sì. Ci vorrà tempo, ma ce la faremo."
Lio notò che il tono di Derek non era affatto sicuro "C'è qualche problema?"
L'Alchimista sospirò "C'è un motivo se non ho mai tentato la fuga in tutti questi anni Lio; quando fuggi, poi ti danno la caccia, e quando ti trovano, ti uccidono. Ecco vedi...noi siamo fuggiti."
Lio deglutì "Temi che il Magistrato voglia continuare a cercarmi?"
"Lo dovresti conoscere ormai" rispose Derek con un amaro sorriso "Smetterà mai di cercarti?"

La previsione si avverò.
Lio ed Elysa stavano dormendo quando Derek lanciò l'allarme.
"Altri Incrociatori! Una piccola flotta, dietro di noi!"
Lio sentì il sangue gelarglisi nelle vene.
"Cosa facciamo?" chiese Elysa, aggirandosi nervosamente tra i quadri comandi "Non possiamo andare più veloce di così, le batterie di laser sono inservibili così come il cannone frontale...che ci resta da fare?"
Derek si abbandonò con le spalle alla parete, portandosi le mani sul viso "Siamo spacciati. È finita."
Lio fissò il pavimento, apatico. Per quanto si sforzasse, non riusciva a immaginare una soluzione. Non c'era alcuna via d'uscita.
Chiuse gli occhi e si rassegnò: non sarebbe mai tornato su Nidhogg vivo.
Ma decise comunque di non arrendersi.
Si voltò e raggiunse il cadavere del Marine, che nessuno si era preso la briga di spostare. Raccolse il fucile e controllò i colpi: un caricatore semivuoto, ed un altro pieno di proiettili.
"Che stai facendo?" chiese Elysa.
"Ha ragione Derek" rispose Lio "È finita. Non tornerò mai a casa, morirò qui. E se devo morire, voglio farlo sparando addosso al mio nemico, anziché aspettare di bruciare."
Elysa rimase a bocca aperta, attonita.
"Cosa vuoi fare?!" chiese Derek, esterrefatto.
"Appena saranno vicini, esco e gli sparo. Semplice." concluse Lio.
"Vuoi uscire nello spazio aperto? Morirai in pochi decimi di secondo!" tentò di riportarlo alla regione l'Alchimista.
"Immagino che ci siano delle tute spaziali a bordo di questo rottame. Userò una di quelle per lanciarmi sulla flotta nemica. Nel migliore dei casi riuscirò a prendere la mira sul Magistrato, nel peggiore lui raccoglierà i miei resti."
"Ti punteranno addosso tutto quello che hanno, non sopravviverai nemmeno il tempo di contare quanti sono."
"Ma loro guarderanno me. E voi avrete il tempo di prendere una navetta di salvataggio e volare il più lontano possibile."
"Non sappiamo nemmeno se le navette funzionano..."
"Se non funzionano, siete morti." concluse Lio "Perciò fatele funzionare."
Elysa si fece avanti, balbettando. "L-Lio...non..."
"Non ho un posto dove tornare. Non c'è nessuno ad aspettarmi, Elysa. È giusto che finisca così."
Elysa pensò a come dissuaderlo, a covincerlo che ci fosse un altro modo, ma lei stessa non riusciva a pensare ad un'alternativa. Sospirò, tremante.
"Va bene, Lo faremo."

lunedì 15 dicembre 2014

25. Decollo

"Lo sai pilotare questo bestione?" chiese Lio, varcando la soglia della sala comando.
"Più o meno" rispose la ragazza, osservando con attenzione i vari pannelli di pulsanti, leve e spie lampeggianti sparsi ovunque per la stanza.
"Sai che pilotare più o meno bene un incrociatore potrebbe renderci più o meno morti, sì?" chiese Derek, sarcastico.
"So quello che serve per far alzare questa carretta e direzionarla dove preferiamo, ma niente di più" proseguì Elysa, ignorandolo "Non saprei attivare le batterie laser, ne altre armi installate. Per fare quello servirebbe un equipaggio numeroso e specializzato..."
"Non importa" tagliò corto Lio "Puoi riportarmi a casa?"
Elysa armeggiò con un pannello sul quale scorrevano fiumi di numeri. Dopo qualche secondo, sul monitor apparve quella che pareva essere una mappa dei sistemi solari limitrofi.
"C'è ancora la rotta. Possiamo seguirla a ritroso." rispose Elysa, sospirando. "Sì. Ce ne torniamo a Nidhogg."
Neppure il tempo di sentirsi sollevato per la buona notizia, e subito un fragoroso tintinnio riecheggiò su tutte le pareti della stanza: colpi d'arma da fuoco. Erano sotto tiro.
I tre fuggitivi si buttarono a terra, riparati dai pannelli di comando a isola sparsi per la stanza. I colpi che avevano sentito poco prima presto si  trasformarono in una tempesta di proiettili.
"Dannazione!" urlò Elysa. Lungo il tragitto che li aveva condotti alla sala comandi, avevano perlustrato per quanto possibile la nave, trovandola deserta; tuttavia era impensabile rastrellare la nave da cima a fondo, e quindi chi li stava bersagliando doveva essere sfuggito alla loro cauta ricerca.
Lio si frugò le tasche: mentre passavano di stanza in stanza, Elysa cercava persone, mentre Lio cercava armi. Tutto ciò che aveva trovato erano due pistole ed un solo caricatore, ma in quella situazione era meglio di niente.
Divise i proiettili con rapidità e maestria, poi passò una pistola ad Elysa. Dopodiché, entrambi si misero in copertura, pronti a rispondere alla pioggia di fuoco che proseguiva ininterrotta.
"Quanti sono?" urlò Lio, per sovrastare il frastuono dei colpi che tintinnavano ovunque per la stanza.
"Solo uno credo" rispose Elysa "Ma sembrerebbe ben armato"
Per un attimo, Lio credette di essere di nuovo a casa. Su Nidhogg, trincerato dietro ad un muretto, bersagliato dal clan rivale di turno, e Fil, Zero, Charlie o Pac a coprirgli le spalle.
Gli fu difficile trattenere un sorriso, ripensando a quei momenti.
La pioggia di fuoco cessò per un istante; Lio fece capolino, e vedendo il grande e grosso soldato intento a ricaricare il suo fucile, non perse tempo e fece fuoco, centrando il nemico alla spalla. Il soldato lanciò un urlo, più di rabbia che di dolore, ed arretrò nel corridoio d'ingresso, riparandosi.
"L'hai preso!" si complimentò Derek, raggomitolato nel suo nascondiglio.
"Sì, ma questi soldati sono tosti. Non basterà." rispose Lio, spiando con cautela sopra la propria copertura: intravide l'avversario intento a fabbricarsi una fasciatura di fortuna, strappando un lembo della propria maglietta.
"Puoi chiudere le entrate della nave prima che quel bisonte chiami i suoi amici?" chiese Lio, riflettendo sulla situazione.
"Sì, è piuttosto semplice" rispose Elysa, facendo mente locale.
"Bene, cominciamo da lì. Io intanto ti copro."
Elysa eseguì quanto richiesto, e in pochi attimi l'interno della nave era isolato. L'unico problema rimasto era il Marine, da affrontare con poche armi e ancora meno colpi a disposizione.
Lio si concentrò: dovevano per forza sfruttare l'ambiente interno per trarre dei vantaggi e controbilanciare la potenza di fuoco del nemico.
Ma certo. Siamo su una nave spaziale, che si fa con le navi spaziali?
"Come funziona il decollo?" chiese alla ragazza.
"Cosa?"
"Come funziona. Qual è la procedura?"
"Ci si alza in volo stazionario e una volta raggiunta una certa quota si avviano i reattori al massimo per raggiungere lo spazio aperto...come con tutte le navi, perché?"
"Lascia perdere la prima fase" concluse Lio "quando te lo dico, fai partire i reattori e accelera al massimo. Poi punta in alto per andarcene dal pianeta."
"Ma abbiamo l'intero campo terrestre davanti all'astronave! Sfasceremo tutto!"
"E allora? Questa è una nave da guerra, cosa vuoi che siano una o due strutture di lamiera."
"Non sono di lamiera, sono di metallo antiproiettile! E magari un Incrociatore di ultima generazione potrebbe farcela, ma questa vecchia bagnarola ne uscirà a brandelli! Non ce la faremo mai!"
"Sì invece" rispose Lio, poggiandole una mano sulla spalla "Fai quello che ti dico, filerà tutto liscio."
Elysa scosse la testa. "Avevo ragione. Sei pazzo."
La scarica di proiettili riprese, e stavolta Lio si impegnò per rispondere degnamente. Ben presto, però, i colpi finirono.
"Elysa!" urlò Lio, gettando la pistola nel corridoio.
"Ci sono, ci sono!" rispose affannata lei, affrettandosi a sistemare tutti i preparativi per il decollo. "Quando vuoi possiamo partire!"
"Bene, aspetta il mio via poi tieniti forte! Tu Derek resta dove sei!"
"Non chiedo di meglio! Eheheh!" ridacchiò l'Alchimista rannicchiato nel suo nascondiglio.
Il Marine, resosi conto che dall'altra parte non avrebbero più sparato, ringhiò di rabbia. Imbufalito, scattò in avanti, correndo attraverso il corridoio.
Lio attese che si avvicinasse il più possibile.
"ORA! VAI!"
Elysa prese con entrambe le mani la leva di accelerazione e la portò tutta in avanti.
In pochi attimi, i reattori generarono una spinta tale da dilaniare i sostegni sui quali l'Incrociatore era posato. In pochi secondi l'accelerazione era sufficiente per slanciare l'astronave in avanti e farle abbattere tutto ciò che si trovava sul suo cammino, dagli edifici, ai Fiori Arborei, fino anche ai soldati e tecnici rimasti a terra.
Dentro la nave, Lio, Derek ed Elysa rimasero schiacciati contro i rispettivi ripari, tale era la spinta ricevuta.
Il Marine, non avendo ne ripari ne appigli, semplicemente volò via.
"Tiralo su! Tiralo su!" urlò Lio a Elysa.
La ragazza, con tutte le sue forze, si slanciò sul pannello di comando e tirò una leva: simultaneamente l'incrociatore si impennò, dirigendosi verso il cielo. In pochi attimi lasciarono l'atmosfera.
Elysa stabilizzò la corsa dell'incrociatore, in modo da potersi muovere liberamente.
Non appena fu in grado di alzarsi in piedi, Lio si precipitò addosso al marine; il soldato era sdraiato a terra, con la testa sanguinante a causa dell'impatto subito.
Lio si avventò su di lui, tempestandolo di pugni.
"Sei finito stronzo! Muori! Muori! Muori!"
Ad ogni colpo, alternava un urlo.
"Muori! Muori! Muo..."
Si interruppe: la nave stava vorticando attorno a lui, come se avesse perso il controllo.
Un attimo dopo, Lio perse i sensi.

lunedì 8 dicembre 2014

24. Controllo

"Sei pazzo."
Elysa lo ripeteva ad ogni svolta, tra i corridoi dell'astronave.
"Sei pazzo."
Si fermavano ad ogni angolo, col cuore in gola per la paura che potesse apparire un Marine armato da un momento all'altro.
"Siamo soli, disarmati, senza idee, c'è un esercito che ci cerca, e noi dove ci nascondiamo? Nella loro base. Tu sei pazzo. Sei completamente pazzo."
"Mi rendo conto che continuare a punzecchiarmi sia un bel modo di scaricare la tensione, ma potresti farlo in un altro momento?"
Lio aveva passato diverso tempo su quell'Incrociatore, ma non aveva mai avuto modo di esplorarlo tutto. La zona in cui si trovavano gli era sconosciuta, e non avrebbe saputo orientarsi: il primo obiettivo da raggiungere era il laboratorio di Derek, per assicurarsi che stesse bene.
"Sapresti guidarmi fino al laboratorio da qui?" chiese Lio.
Elysa si guardò attorno, affannata "Direi di sì." si chinò e si abbracciò lo stomaco "Dammi solo qualche secondo."
"Che hai?" chiese Lio.
Elysa esitò "...niente."
"Come niente? Non dirmi balle. Sei ferita?"
"No, ti ho detto che non è niente. Lascia stare."
Lio iniziò a preoccuparsi "Non siamo in una situazione facile, Elysa. Non possiamo prendere niente alla leggera. Mi vuoi dire che hai?"
Elysa lo fissò indispettita, non gradendo l'insistenza "Ho un piccolo problema femminile. Lasciami respirare un attimo."
Lio non capì "Che genere di problema?"
Elysa si innervosì ancora di più. Le sue guance arrossate tradirono una nota di imbarazzo.
"Cosa vuoi che sia, specie di cavernicolo? Mi fa male la pancia, lasciami riprendere."
"Il mal di pancia è un problema femminile? E da quando?"
Elysa ormai era furibonda "Ma sei scemo? Non ci sono donne da dove vieni tu?"
"Poche, e poco inclini al dialogo" Lio ebbe un'improvvisa reminiscenza "Ma per caso sanguini?"
"Se proprio la vuoi mettere in questi termini, sì! È quello il problema."
"Quante storie" si scrollò le spalle Lio, rassicurato sull'entità del problema "Dalle mie parti le donne lavoravano sette giorni su sette, sangue o non sangue. Beccarne una nel periodo era un vero schifo. Quello schiavista di Samir le faceva picchiare se si lamentavano; se invece non sanguinavano più, per non rischiare le freddava con un colpo in testa e buttava via il cadavere."
Lio percepì un forte colpo alla testa. Una frazione di secondo più tardi, il pavimento era appiccicato al suo naso.
Sollevò lo sguardo, e capì che la sua compagna lo aveva steso con un pugno alla nuca.
"Ma che ho fatto?" si lamentò Lio, dolente.
"Sei un mostro, ecco che hai fatto." Elysa sembrava disgustata "E io mi ritrovo pure a seguirti..."
Lio si rialzò, scuotendo la testa, mentre la ragazza faceva strada verso il laboratorio.

Le porte del laboratorio erano chiuse, ma la serratura non aveva segreti per Elysa.
"Sai che se non è qui..." disse la ragazza, mentre le porte si aprivano.
Lio non le rispose ed entrò. I suoi nervi erano a fior di pelle.
"Derek?"
Nessuna risposta.
Lio raggelò; chiudendo gli occhi, tentò di scacciare il tremore che lo stava assalendo.
"Derek, sei qui?"
Di nuovo, silenzio. Di Derek nessun segno.
Lio non resse più, e andò nel panico.
"DEREK!" si mise ad urlare, buttando a terra gli strumenti da sopra i banchi da lavoro "DEREK! BASTA!"
Elysa provò a fermarlo, afferrandolo da dietro "Ma che cazzo fai? Vuoi che ci trovino?"
Lio li lasciò andare alla presa della ragazza.
"Basta...basta..."
Elysa non riuscì a sostenerlo, ed entrambi scivolarono a terra "Lio! Riprenditi!"
"Basta...b-basta..." balbettava Lio, con espressione vuota. Aver perso l'ennesimo compagno stava causando uno shock alla sua psiche già pesantemente provata.
"Mmmmmmmh"
Un mugugno indistinto emerse da un banco, in fondo al laboratorio.
"Derek!" esclamò Lio, in preda allo stupore mentre si alzava in corsa per raggiungere la sorgente di quel lamento.
Trovò Derek, sdraiato a terra. Le prime cose che notò furono il viso rigonfio e un occhio nero, segni di un probabile pestaggio.
"Derek! Maledizione, hanno fatto pagare a te per me!" continuò a urlare Lio, affranto.
Solo in quel momento si accorse dell'espressione beata dell'Alchimista, che se ne stava sguaiatamente disteso con la lingua di fuori. E soprattutto, con una bustina di polvere gialla aperta a pochi centimetri dal naso, sporco della stessa sostanza.
La preoccupazione di Lio si tramutò in irritazione "Ma...Brutto vecchio ubriacone! Io mi preoccupo per te e tu te la spassi?"
Derek non parve sentirlo, mentre un filo di bava colava dal lato della sua bocca.
"Dannato vecchiaccio." borbottò Lio, mentre frugava nel suo camice. Elysa intanto lo aveva raggiunto.
"Che ha? Sta male?" chiese la ragazza.
"Ora lo sistemo io." commentò Lio, estraendogli dalla tasca una siringa carica di Hub Zero.
Un secondo dopo, l'iniezione era stata fatta.
Due secondi dopo, Derek schizzava in piedi con una piroetta.
"EHYYYYYYYYYYYYYYYY!" esclamò, con la sua classica espressione da psicopatico felice "Che c'è di nuovo?"

lunedì 1 dicembre 2014

23. Missione

Lio ed Elysa uscirono di corsa, tenendo gli occhi bene aperti. Il campo si sera svuotato quasi del tutto in pochi minuti, e gli sparuti Marine rimasti erano troppo indaffarati per prestare loro attenzione.
"La nave del Magistrato si trova nella zona dello spazioporto, immagino." constatò Lio.
"Di certo non l'hanno parcheggiata in cucina." concordò Elysa, sarcastica.
La coppia si diresse così verso la zona da cui le navette militari si stavano levando in gran numero: come avevano inteso ascoltando i discorsi tra i soldati che li tenevano in custodia, l'esercito aveva avviato una rapida operazione di attacco agli Zerg, gli stessi alieni che avevano ucciso Teraskul e con ogni probabilità tutti i Protoss superstiti all'esplosione nucleare.
Il sole si avviava verso il tramonto. Lerad, la grande luna del pianeta, si era spostata dall'orizzonte, permettendo al grande astro di quel sistema di tramontare normalmente, anziché eclissarsi. Ciò aveva allungato il giorno di qualche ora.
Erano successe un sacco di cose, durante quel ciclo solare: poco dopo il tramonto erano stati rapiti da Taxanok, ed ora che il sole si avviava ad un nuovo crepuscolo i Protoss erano diventati loro alleati, per poi essere spazzati via.
Quanto tempo è passato? Quanto dura un giorno qui? Si chiese Lio. Era molto stanco, non dormiva
da tanto. Non aveva tenuto il conto non avendo orologi o altro, ma da almeno 50 ore non aveva avuto il tempo di chiudere occhio.
Ma non era il sonno a preoccuparlo.
Non prendo Hub da troppo tempo. Presto andrò in astinenza.

Lo spazioporto era ormai disabitato, proprio come la zona della fanteria: alcuni addetti ai lavori qua e là avviavano le operazioni di partenza degli ultimi mezzi di supporto. Un simile spostamento di uomini e mezzi poteva significare solo un attacco su larga scala, ma non era importante: ciò che contava era lo svuotamento del campo terrestre, a tutto vantaggio di Lio ed Elysa.
Solo una zona al limite del campo brulicava di attività: l'incrociatore del Magistrato era visibile anche da lontano, poiché si trovava su di una altura, e le attività di manutenzione dell'equipaggio a terra risuonavano chiaramente tra gli edifici del campo semivuoto.
Lio ed Elysa si avvicinarono con cautela, e sfruttarono un cumulo di materiali collocati vicino all'incrociatore per nascondersi e studiare la situazione: l'equipaggio era composto da almeno un centinaio di persone, tra soldati, piloti e addetti alla manutenzione. Tutti quanti si trovavano al di fuori dell'astronave, chi per lavorare, chi per svagarsi e godersi un po' di aria aperta prima di ripartire per l'ennesimo viaggio spaziale.
Tra la folla spiccava un'alta tenda, che doveva trattarsi di una sorta di Quartier Generale a terra. Il Magistrato doveva trovarsi lì.
"Allora grande capo? Ce l'hai il piano?" domandò Elysa.
Lio non rispose. Concentrato sulla situazione, stava valutando tutte le opzioni.
Il Magistrato era a pochi passi, ma troppo protetto per essere avvicinato. Si sarebbe potuto creare un diversivo per distrarre i soldati e poi colpire l'obiettivo, ma, anche ammettendo di riuscire nell'intento, fuggire subito dopo sarebbe stato impossibile.
Lio si concentrò su altro: Derek non era in vista. Questo apriva due possibilità: o lo avevano fatto fuori credendolo complice nella fuga degli altri prigionieri, o era ancora rinchiuso nel suo laboratorio. Sperò con tutto il cuore che si trattasse della seconda ipotesi.
Qualunque piano volesse realizzare, Lio aveva bisogno di un diversivo; tutti quei marine sparpagliati attorno all'incrociatore impedivano qualsiasi possibilità d'azione, quindi la prima cosa da farsi era riuscire a toglierli di mezzo.
Miracolosamente, un soldato che correva trafelato verso la tenda centrale risolvette il problema.
Pochi istanti più tardi, il Magistrato uscì, paonazzo e furibondo come non mai.
"TROVATELI!" sbraitò "TROVATE IMMEDIATAMENTE QUEI VERMI! TUTTI GLI UOMINI SI MUOVANO E SETACCINO IL CAMPO! TROVATE QUEI MALEDETTI BASTARDI!"
L'intero equipaggio, sbalordito, piombò in silenzio. Un secondo più tardi, più di tre quarti di loro si precipitò in direzione del centro del campo terrestre.
"È la nostra occasione" esclamò Lio "Entriamo là dentro!"
"Cosa? Che hai in mente?" chiese Elysa.
"Prendiamo l'Incrociatore. Ce ne andiamo da qui."

lunedì 24 novembre 2014

22. Reazione

"Hai intenzione di rivolgermi la parola prima o poi?"
Lio non rispondeva. Guardava il pavimento, privo di qualsiasi espressione. Elysa, ad intervalli di alcuni minuti, tentava di risvegliarlo dal suo torpore.
"Lio."
"Lio, dì qualcosa."
"Lio, maledizione, mi fai almeno capire se sei vivo o no?"
"Lio!"
"LIO!"
Nessuna risposta.
Elysa si arrese. Non aveva intenzione di sprecare altro fiato.
Guardò fuori. Erano stati ammanettati e legati ai sedili di una navetta da trasporto, in attesa di una sistemazione più adatta, stando a quanto aveva detto il soldato che li aveva sbattuti lì dopo averli catturati; tuttavia il portellone posteriore era rimasto aperto, per far sì che i prigionieri rimanessero sempre sotto lo sguardo dei soldati di guardia.
Da quella posizione, Elysa poteva vedere buona parte del campo terreste, che aveva già avuto modo di esplorare prima della cattura da parte dei Protoss: erano stati sistemati nell'area dedicata alla fanteria, e infatti il viavai di Marine appiedati era ininterrotto. Talvolta passava anche qualche mezzo corazzato, un cingolato o un enorme robot bipede pesantemente armato. Oltre il limite dei pochi Fiori Arborei risparmiati dalla costruzione dei terrestri, si intravedevano vascelli e navette decollare ed atterrare, da quello che sembrava essere lo spazioporto del campo.
"Hanno un sacco di navette qui" riprese Elysa "e io so pilotare praticamente qualunque cosa. È la nostra migliore occasione per andarcene!"
Lio continuava a non reagire, tenendo lo sguardo basso.
Elysa perse la pazienza.
"Piantala di frignare! Sì, Teraskul è morto e sì, ci ha lasciati nella merda. Pensi di essere l'unico ad aver perso un amico? La mia vita è stata una continua fuga, ho lasciato dietro di me una scia di cadaveri talmente lunga che per anni sono stata convinta di portare una maledizione. Chiunque mi tocca muore, mi ripetevo. Ma la verità è che se qualcuno muore è perché non era abbastanza attaccato alla sua pellaccia! E tu lo sai questo, so che lo sai, perché sei ancora vivo! Morire significherebbe dargliela vinta, e io questo non lo accetto!"
Lio era immobile.
"Smettila di ignorarmi!" lo rimproverò la ragazza calciandolo ad un piede, non potendo avvicinarsi di più "vuoi vivere o no?"
Lio continuò a non fiatare.
"Ti ho chiesto se vuoi vivere o no!" sbraitò Elysa, calciandolo di nuovo.
Lio reagì, limitandosi a fare spallucce.
"Sei peggio di un bambino!" esclamò Elysa stizzita "non so tu, ma io voglio andarmene di qui viva e vegeta. Se il Magistrato viene qui, ci ucciderà, o peggio ci torturerà a morte. E io francamente non me la sento di farmi torturare!"
Lio rimase in silenzio.
Qualcosa fuori si mosse: un Marine, imbracciando il suo fucile, si avvicinò alla navetta, dirigendosi verso il soldato di guardia davanti ad essa.
"Lawrence, a rapporto! Si va in scena!"
La guardia scattò sull'attenti "Agli ordini signore! Qual è la missione, caporale?"
"Il comando ha stabilito che il covo Zerg deve essere eliminato, con tutto quello che contiene. Le forze aeree sono già sul posto, distruggendo gli obiettivi principali. Toccherà a noi stanare quelli più piccoli e fare piazza pulita. Unisciti alla tua squadra."
"Ma signore, ora sono di guardia ai prigionieri del magistrato, ho l'ordine di stare qui fino a che i suoi uomini non verranno a prelevarli."
"Gli ordini del comando vengono prima di quelli di un magistrato esterno, soldato. Il magistrato troverà i suoi prigionieri qui impacchettati quando arriverà, non è un problema che ci riguarda. Ora esegui i tuoi ordini!"
"Signorsì!"
Entrambi i Marine se ne andarono a passo svelto, come molte altre squadre di militari in movimento poco più in là.
"Siamo soli!" esultò Elysa "E il nostro momento!"
Un secondo dopo, le sue manette caddero. A mani libere, anche sbarazzarsi della catene che la legavano al sedile fu semplice.
"Questi soldati non sanno con chi hanno a che fare, altrimenti ci avrebbero ingabbiati molto più strettamente!" continuò Elysa esaltata, armeggiando con le manette di Lio "Queste manette potrei aprirle anche ad occhi chiusi. Fatto, sei libero."
Mentre le catene di Lio cadevano, Elysa si portò vicino al portello aperto della navetta, osservando i movimenti all'esterno.
"Nessuno bada a noi. Dobbiamo svignarcela prima che arrivi qualcuno!"
Lio non rispondeva. Continuava a tenere lo sguardo fisso a terra.
"Ma la smetti? Svegliati, insomma! Reagisci!" urlò Elysa, scuotendolo "Mi serve il tuo aiuto per scappare! Non posso continuare a fare tutto io!"
Lio non si smosse.
Elysa stava prenderlo a schiaffi.
"Io mi sono stufata" sbottò la ragazza "Finora sono sempre stata io a organizzare la fuga, ad esplorare il campo, ad organizzare tutto. Ne ho abbastanza. Sei tu quello che ha promesso a Derek di recuperarlo, no? E allora muovi il culo! Stavolta fallo tu il piano!"
Lio sollevò gli occhi. Lo sguardo era iniettato di sangue.
"Ok."

lunedì 17 novembre 2014

21. Sciame

Il cielo si stava oscurando.
Non per la fine del giorno, ma per il fumo e la polvere sollevate dall'esplosione nucleare; l'atmosfera si faceva via via più buia e lugubre.
Lio ed Elysa non avevano smesso di correre. Non stavano scappando, poiché per quanto ne sapevano nessuno li stava inseguendo; il desiderio di allontanarsi dall'orrore che avevano appena vissuto era grande, e ancora più grande era la paura provocata dalle esplosioni e le scariche di proiettili che ancora echeggiavano alle loro spalle: probabilmente l'esercito terrestre era tornato alla carica, a caccia di eventuali sopravvissuti.
Ben presto si accorsero di non essere gli unici a correre.
Nel folto della foresta, altri superstiti Protoss fuggivano dalla loro base ormai perduta. Dapprima due, poi tre, quattro, il numero dei Protoss aumentava ogni secondo. Sembrava stessero correndo tutti nella stessa direzione; Lio ed Elysa, senza dirsi nulla, li seguirono.
Dopo alcune centinaia di metri, si trovarono ad affluire, insieme a vari altri superstiti, ad una piccola radura tra i fiori arborei.
Al centro della radura si ergeva immobile lo Zelota Taxanok.
"TU!" tuonò il soldato Protoss, non appena Lio si palesò davanti a lui.
"Taxanok per favore, non è il momento. Dov'è Teraskul? Dimmi che è-"
Taxanok per tutta risposta lo afferrò per la maglietta con la mano sinistra e lo sollevò da terra. Dal braccio destro fece fuoriuscire la lama laser.
"Voi umani gettate disgrazia e rovina ovunque vi spostiate!" sentenziò lo Zelota "La distruzione del nostro campo non  resterà impunita, e il primo a pagare sarai tu!"
"No! Fermo!" urlò Elysa, spaventata.
Taxanok colpì.
Lio era troppo spaventato per capire cosa stesse accadendo. Vide solo il braccio dello Zelota bloccarsi poco prima che la lama affondasse nel suo ventre.
Taxanok sembrava stupito quanto lui. Scosse il braccio, ma quello non accennava a muoversi.
Una coltre di fumo nero apparve dal nulla. Lio emise un forte respiro di sollievo ancora prima che si dissipasse e mostrasse Teraskul, con una mano salda sul braccio di Taxanok.
"Lascialo andare Taxanok. Sai che non devi incolpare lui."
"TERASKUL!" urlò Lio, liberandosi dalla presa dello Zelota.
Lio gli si avvicinò per esprimere la sua gioia nel vederlo vivo. Taxanok si voltò nella sua direzione, irritato per l'esecuzione appena interrotta. Entrambi tacquero, quando videro il taglio profondo che lacerava il petto del Templare Oscuro.
"Oh no!" esclamo Lio. La ferita sembrava abbastanza dolorosa da poter mettere KO un bisonte, ma Teraskul non mostrava eccessivi segni di sofferenza.
"Hai bisogno di cure, Templare Oscuro!" constatò Taxanok, mentre gli altri superstiti Protoss si avvicinavano preoccupati.
"E come? Siamo soli in mezzo alla foresta!" obbiettò Elysa.
"C'è un altro campo." rispose Teraskul, barcollando lievemente. "è una piccola base mineraria, ma è tutto ciò che abbiamo. Dirigiamoci lì, e chiamiamo rinforzi prima che l'esercito terrestre ci trovi di nuovo."
Nessuno ebbe niente da obbiettare, anzi, tutti si mossero immediatamente, ansiosi di ritrovare un posto sicuro. Taxanok prese sottobraccio il Templare Oscuro, per alleviargli la fatica della camminata.
"È molto distante, questo campo secondario? Hai urgente bisogno di aiuto." chiese Lio, in ansia.
"Dobbiamo superare la collina a nord, poi scendere nella valle e di nuovo risalire, al di là della collina successiva." rispose Teraskul.
"Sarà una marcia lunga, maledizione." imprecò Lio "credi di farcela?"
Teraskul non rispose. Lio non smise di stargli accanto per tutto il tragitto fino alla vetta della collina.
"Questi Protoss non ci aiuteranno se Teraskul non sopravvive per imporglielo" bisbigliò Elysa, non appena fu sicura che nessuno badasse a loro.
"Non voglio neanche sentire ciò che hai da proporre." tagliò corto Lio "Teraskul è il nostro migliore alleato, anzi, è l'unico che ci abbia dimostrato simpatia da quando siamo evasi. Io non intendo abbandonarlo."
Presto raggiunsero l'apice del colle. Ciò che si presentò ai loro occhi lasciò Lio senza fiato.
"Che diavolo è quello?!"
Sembrava che la valle avesse preso vita, ma nel modo peggiore possibile. Là dove sarebbe stato normale trovare una rigogliosa foresta di Fiori Arborei, si stendeva per centinaia di metri un tappeto roseo di informe materia molle e pulsante.
Sopra di essa spuntavano aberranti incroci tra edifici e creature viventi colossali, simili a dei molluschi grandi come delle case. Tra di essi, si scorgevano varie creature brulicanti correre a destra e a manca, in un ordine che ricordava quello di un formicaio.
"Zerg" rispose Elysa, atterrita. "Lo sciame Zerg è arrivato anche qui!"
"Cos'è quello schifo? Ce ne sono altri fuori da questo pianeta?" Lio non riusciva a distogliere lo sguardo da quella inquietante e disgustosa massa di mostruosità.
"Gli Zerg sono forse l'unica minaccia più aberrante e pericolosa degli umani" rispose Taxanok "vanno di pianeta in pianeta distruggendo e consumando, lasciandosi alle spalle una scia di morte. Non sono altro che animali, ma la loro forza è nel numero e nella spaventosa capacità di moltiplicarsi. Se ci vedranno, ci uccideranno senza esitare."
"E noi dobbiamo andare proprio da quella parte" concluse Elysa, avvilita.
"Li aggireremo" ordinò Teraskul, affannato "con un po' di fortuna dalla nostra parte, non ci daranno-"
"Ci attaccano!" urlò uno degli altri sopravvissuti: un istante dopo, un missile sfrecciò al di sopra delle loro teste ed esplose, causando un'onda d'urto che li investì.
Gli Zerg, a valle, attratti dall'esplosione iniziarono a correre in massa verso l'accaduto, veloci come fulmini.
"Cos'era, un avvertimento?" chiese Lio, aiutando Elysa a rialzarsi. Lo scoppio era stato forte, ma non aveva causato alcun danno.
"Era un EMP" rispose Elysa "perché ci hanno lanciato un attacco che inibisce l'elettromagnetismo? Siamo pochi, appiedati e disarmati!"
Teraskul sgranò gli occhi, spaventato.
"Gli scudi!" urlò "Hanno disattivato i nostri scudi! Dobbiamo scappare prima che gli Zerg ci trovino!"
Un istante dopo, un paio di spuntoni aguzzi e dentellati apparirono sul petto di Teraskul.
Lio ci mise un po' a capire che la causa di ciò era la specie di mostruoso cane alieno che si trovava alle spalle del Protoss. Lo aveva trapassato da parte a parte con i suoi artigli.
"NO! NOOOOO!" urlò, gettandosi su Teraskul insieme ad Elysa. Taxanok afferrò la creatura e la trafisse con una lama laser, uccidendola sul colpo.
"È...è la fine per me..." bofonchiò Teraskul, morente.
"No ti prego! Teraskul, non mi lasciare pure tu!" Lio afferrò la sua testa tra le mani "Sai che non potrò sopportare anche questo! Ti prego!"
Gli occhi del Protoss assunsero un'espressione commossa, mentre un'orda incalcolabile di Zerg risaliva la collina come una marea. Gli sparuti Protoss superstiti si prepararono a difendersi, ma con gli scudi inservibili le loro chance si riducevano inesorabilmente.
"Scappa, King Lio" sussurrò Teraskul, mentre i primi soldati Protoss soccombevano sotto l'ondata Zerg "Vivi, e ricordati di me. Rendimi parte delle leggende di West Braxis."
Quelle parole resero Lio vuoto, assente.
Era vuoto, mentre vedeva Taxanok sparire sotto una montagna di Zerg.
Era assente, mentre assisteva impotente allo smembramento del corpo di Teraskul, ormai esanime.
Era vuoto, mentre Elysa lo trascinava giù per la collina, mentre urlava per risvegliarlo.
Era assente, mentre Elysa lo abbracciava spaventata, trovandosi davanti ad un plotone di Merine.
Lio era completamente estraneo a tutto ciò che stava accadendo.
Forse era morto, e non se ne era reso conto.

lunedì 10 novembre 2014

20. Nuovo sole

"Merda, merda, merda, merda, merda."
Lio non riusciva a ripetere altro.
Correndo come un forsennato in mezzo alla battaglia col suo cuscino in spalla, coperto da Teraskul che affettava soldati e mezzi terrestri come fossero statue di burro, non riusciva a pensare ad altro se non a imprecazioni.
Doveva trovare Elysa, e subito. La battaglia stava interessando solo il margine esterno del grande campo Protoss, e la sua compagna di viaggio era stata ricoverata vicino all'enorme edificio centrale. Doveva rianimarla e metterla al sicuro, poi sperare che le forze Protoss avessero la meglio sull'esercito terrestre.
Sfrecciando tra i proiettili, Teraskul fece strada a Lio, e in breve tempo raggiunsero così la linea di difesa dei Protoss.
"Templare Oscuro! Sei tornato!"
Taxanok alzò un braccio per richiamare la sua attenzione. Teraskul lo raggiunse.
"Quante forze schiera il nemico?"
"Non molte, le nostre truppe riescono a contenerli. Stiamo richiamando altre unità, ben presto saremo in grado di sopraffarli." rispose lo Zelota, sicuro.
"Devo raggiungere Elysa al più presto!" esclamò Lio.
Taxanok lo fulminò con lo sguardo.
"Procedi pure, King di West Braxis. Ti raggiungerò non appena riprenderemo in mano la situazione" lo rassicurò Teraskul.
Lio non se lo fece ripetere, ansioso di rivedere Elysa quanto di togliersi dai piedi Taxanok e il suo caratteraccio.

La raggiunse rapidamente.
Era sdraiata su di un asse di metallo inclinato, ancora priva di sensi e dal respiro affannoso. Un anziano Protoss, che dai lineamenti sembrava essere una femmina, le scrutava l'occhio destro aprendole le palpebre con le dita.
"Ehiehiehi, giù le mani!" la bacchettò subito Lio.
La Protoss sobbalzò. "Sei tu, terrestre! La tua compagna non ha reagito ad alcuno stimolo. Appare scollegata dai propri sensi."
"Adesso la ricollego, sta a vedere." rispose Lio, svuotando una siringa di Hub sporco e caricandolo di Hub Zero.
L'effetto dell'iniezione fu esplosivo.
"Prodigioso!" commentò la Protoss, osservando Elysa risvegliarsi, balzare in piedi e afferrare Lio per la gola nel giro di un secondo.
"Perché devi sempre mettermi le mani addosso?" chiese Lio, strozzato, tentando di liberarsi.
Elysa si rese finalmente conto di ciò che stava facendo, e mollò la presa "Che è successo?"
"Sei svenuta" rispose Lio, massaggiandosi il collo "e dopo aver passato giorni di stenti, ferita e affamata, non è per nulla sorprendente. Ho dovuto ripescare l'Hub che avevamo lasciato indietro per darti una spintarella."
"Ti hanno lasciato recuperare l'Hub?" chiese Elysa, sorpresa.
"Teraskul mi ha addirittura accompagnato" specificò Lio "questi Protoss sembrano strani, ma in fondo sono dei bravi ragazzi."
"Accoglierò queste tue parole come un sincero complimento" si intromise la Protoss "Dimmi, King Lio, come procede la battaglia?"
"Battaglia? Quale battaglia?" si affrettò a chiedere Elysa.
"La base è sotto attacco" spiegò brevemente Lio "ma Taxanok sostiene che le linee di difesa Protoss possono reggere l'offensiva. Dovremmo essere al sicuro qui."
"Lo siete, King di West Braxis." rispose la voce di Teraskul, alle loro spalle.
Lio si voltò "Teraskul! Che succede? Come procede lo scontro?"
"Non appena ci siamo separati, il nemico ha voltato le spalle ed è arretrato oltre la distanza di tiro."
"Attaccano poi se ne vanno? Che storia è questa?" chiese Elysa. "Stavano per soccombere?"
"A dire il vero, le forze si equiparano; probabilmente stanno riorganizzando l'assalto in maniera più ordinata. Taxanok sta coordinando le truppe perché li contrattacchino subito, in modo da coglierli impreparati e costringerli alla definitiva ritirata."
"Cosa possiamo fare per voi?" domandò Lio.
"Nulla, King di West Braxis. Non ti angustiare per le sorti di questa battaglia, poiché ci aiuterai piuttosto nel vincere la guerra."
Lio storse la bocca, ma si rassegnò a quel momento di inattività forzata. Guardò l'alto, benevolo volto coperto di Teraskul, e fece un cenno di intesa col capo.
Non appena il Templare oscuro si congedò da lui, però, notò una cosa: nella volta bianca e azzurra del cielo, decorata dalle sfumature della grande luna di Resvelg, aveva fatto la sua comparsa un puntino nero.
"E quello cos'è?" chiese ad Elysa.
La ragazza alzò lo sguardo.
E sbiancò.
"TERASKUL!" urlò. Il Templare Oscuro, poco lontano, si voltò verso di lei.
"Ordina la ritirata!"
"Come?" chiesero all'unisono Lio e il Protoss.
"Ordina a tutti i tuoi soldati di scappare! STANNO PER SPAZZARCI VIA!"
Teraskul guardò nella direzione in cui la ragazza stava indicando, concitata.
In un lampo, corse via.
"Ma che diavolo sta succedendo, si può sapere?" chiese Lio.
Elysa per tutta risposta lo afferrò per la spalla ed iniziò a trascinarlo, di corsa.
"Ma che avete tutti quanti?" continuava a chiedere Lio, seguendo la corsa di Elysa, ma voltandosi spesso per tentare di capire cosa stesse accadendo.
Il puntino si avvicinava: ben presto mostrò i lineamenti di uno strano barile.
Molti Protoss stavano seguendo l'esempio di Lio ed Elysa, dandosi alla fuga.
Il barile nel cielo era sempre più definito: aveva anche una punta, delle ali e un propulsore posteriore.
Ormai il campo Protoss era alle loro spalle. Lio rallentò il passo.
"Non smettere di correre, idiota!" lo rimproverò Elysa.
"Ma perché? Che sta--"
Una luce abbagliante.
Un boato assordante.
Per un momento, Lio credette di essere stato catapultato in tutt'altro posto, fatto di pura luce.
Ci volle un po' di tempo, prima che la luce svanisse. E altro ancora, prima che gli occhi potessero vedere nitidamente.
Poi Lio si voltò di nuovo a osservare il campo Protoss.
Ma il campo era sparito, come buona parte degli alberi che lo attorniavano.
Rimaneva solo un oscuro e profondo cratere.
E un enorme fungo di fumo, che si ergeva sopra di esso.

lunedì 3 novembre 2014

19. Rottura


Lio chiuse gli occhi e strinse bene la presa. Un capogiro lo aveva colto impreparato, causato dalla stanchezza che andava accumulando da parecchio.
Guardò in alto. La vetta del Fiore Arboreo era a pochi metri.
Poi volse lo sguardo verso terra: il Templare Oscuro Teraskul, in compagnia di due suoi sottoposti, osservava la scalata di Lio.
"È tutto a posto, King Lio?" domandò il Templare. Era l'unico che appariva interessato alla peripezia di Lio, dato che i suoi soldati nemmeno si degnavano di alzare lo sguardo, preferendo starsene fermi a braccia conserte.
"Sì" rassicurò Lio, senza perdere la concentrazione sull'obbiettivo "Non preoccuparti. Un minuto ed è fatta."
Detto ciò strinse i denti, e riprese la scalata.
Quando lui ed Elysa erano stati rapiti da Taxanok, Lio non si era premurato di afferrare il guanciale che tanto si era tenuto stretto fino a quel punto. Quindi, presumibilmente, il cuscino, così come il suo prezioso contenuto, si trovava ancora lì, sulla cima del Fiore Arboreo.
Lio sperava vivamente di ritrovare tutto lì dove lo aveva lasciato; Elysa, dopo il suo svenimento, era stata presa in cura da una equipe di sapienti Protoss, che tuttavia avevano ammesso di non avere molta dimestichezza con l'anatomia umana. Lio sperava che non venissero presi dalla curiosità e che non prendessero iniziative sul corpo della malcapitata.
Tuttavia, un altro possibile scenario lo spaventava ancora di più: che Elysa si risvegliasse, da sola, completamente in balia dei medici alieni. In quel caso, nulla avrebbe potuto salvarlo: la ragazza lo avrebbe strozzato con le sue mani per averla messa in quella situazione. Ormai la conosceva abbastanza da prevedere le reazioni del suo burrascoso carattere.
Un attimo prima di salire l'ultimo gradino che lo separava dalla vetta, rabbrividì al pensiero di non trovare più l'Hub che aveva conservato a rischio della vita. Per Elysa sarebbe stata una sentenza di morte.
Fortunatamente, quel timore svanì un istante più tardi.
"È qui!" urlò ai soldati Protoss che lo attendevano al suolo. Ansioso, Lio si issò sulla pianta, afferrò il cuscino e ne rovistò l'imbottitura.
"Merda." imprecò. Solo una fiala di Hub Zero, più qualche altra dose di Hub sporco. Sarebbe bastato per salvare Elysa, ma non per il futuro.

La discesa fu lesta.
Non appena Lio toccò terra, la variegata squadra si incamminò per raggiungere l'avamposto Protoss.
"Quella strana bisaccia contiene la miracolosa cura per la tua compagna di viaggio?" chiese Teraskul.
"Diciamo di sì" rispose Lio "Anche se questa non è una bisaccia, e non si tratta proprio di una cura."
"Di che si tratta?" chiese uno dei soldati.
Lio rispose, lieto di aver suscitato finalmente un po' di interesse "È un preparato naturale, di nome Hub. È possibile realizzarlo solo con una muffa originaria di Nidhogg, il mio pianeta."
"E questo preparato, che poteri ha?" chiese di nuovo i Protoss.
"Bè, acuisce i sensi e potenzia i muscoli. Per un po', dopo averlo usato, sei quasi invincibile. Tuttavia, una volta utilizzato è... ehm... molto difficile farne a meno. Impossibile, in effetti. Elysa ne ha bisogno ora."
"Accettate di diventare schiavi di una sostanza?" il Protoss era disgustato "Una tale spregevole condizione può essere accolta solo da creature inferiori e grette come..."
"Basta così, zelota!" lo ammutolì Teraskul. Appena in tempo, dal momento che Lio era pronto a reagire in malo modo.
"Le abitudini dei terrestri non sono di alcun interesse per noi. Tutto ciò su cui ti devi concentrare è la battaglia contro..."
Teraskul si interruppe. Tutti e tre i Protoss si fermarono, con lo sguardo fisso di fronte a loro.
"Che c'è?" chiese Lio, guardandoli confuso.
"Le truppe terrestri." disse Teraskul.
"Un contrattacco!" esclamò un soldato, agitato "La nostra base è sotto pesante offensiva!"
"Corriamo al campo!" ordinò Teraskul.
I Protoss scattarono in avanti. Teraskul afferrò Lio per un braccio, e, in un istante, il ragazzo si trovò con le gambe all'aria, trascinato via come una banderuola.
Lio si sbalordì per la velocità con cui i Protoss stavano correndo. Le loro lunghissime gambe permettevano falcate inimmaginabili per un uomo, e nonostante l'ostacolo degli alberi-fiore raggiunsero il campo aperto in pochissimo tempo.
Allo sbocco della foresta, lo spettacolo era disarmante.
La base era sotto attacco. Mezzi corazzati, più o meno pesanti, abbattevano le strutture dorate dei Protoss, aprendo la strada alla fanteria; i Marine correvano in ogni angolo, trincerandosi tra le rovine dei palazzi distrutti, al coperto dai colpi dell'esercito Protoss; questi ultimi rispondevano con dei carri quadrupedi, equipaggiati con cannoni che sparavano proiettili sferici e luminosi. In cielo, astronavi di ogni foggia e dimensione si rincorrevano, sparando e precipitando quando colpite, riempiendo l'aria di fuoco e scintille. La foresta bruciava.
I due accompagnatori di Teraskul estrassero le lame laser e scattarono in avanti, urlando all'unisono "LA MIA VITA PER AIUR!"
Lio rimase impietrito di fronte a quella visione: i ricordi dello sterminio del clan, su Nidhogg, riaffiorarono più vivi che mai. Come allora aveva perso la sua famiglia, ora stava perdendo la possibilità di mantenere le sue promesse.
Cadde in ginocchio.
Serrò gli occhi.
Era troppo per lui.
"Lio!" urlò Teraskul, scuotendo il corpo accasciato del ragazzo.
Lio piagnucolava e si stringeva la testa fra le mani. Lo stress aveva raggiunto il punto critico.
Due Marine uscirono da dietro i loro ripari e li videro. Corsero tra i rottami e si posizionarono per colpirli.
"È il prigioniero di Nidhogg! È in combutta coi Protoss!"
"Fuoco!"
Una scarica di colpi partì, in direzione di Lio e Teraskul.
Il templare oscuro si piazzò in piedi davanti al suo protetto, appena prima che i colpi arrivassero.
"Teraskul..." urlò Lio, nel fragore dei colpi.
Una serie ti ticchettii metallici.
I proiettili si infransero a mezz'aria, a pochi centimetri dal petto del Protoss.
"Dobbiamo abbattere gli scudi! Ricarica!" ordinò uno dei soldati, apprestandosi a cambiare il caricatore del suo fucile.
Teraskul, in pochi attimi, si avvolse in un manto di fumo scuro. Nello spazio di un secondo, il vento soffio via il fumo, ma del Protoss non c'era più traccia.
"Cosa...dove..." bofonchiò il soldato più giovane dei due.
Lio, sorpreso quanto loro, vide balenare un lampo verde sull'armatura di un dei Marine.
Poi sull'altro.
In un brevissimo turbine di fumo, il Templare Oscuro riapparve in mezzo ai due soldati, con un'enorme lama verde elettrica che scendeva dal suo braccio lungo tutto il corpo.
Dopodiché i Marine caddero a terra, tagliati in due all'altezza della vita.
"Svelto, King di West Braxis!" esclamò Teraskul "Dobbiamo andare!"

lunedì 27 ottobre 2014

18. Patto


"Sei entrato nella mia testa..."
"Sì. Ho dovuto farlo."
Lio e Teraskul si trovavano ancora faccia a faccia, al centro della città d'oro e cristallo, attorniati da diversi soldati Protoss che assistevano stupiti alla scena.
Eppure, rispetto a pochi secondi prima, la situazione era radicalmente cambiata.
"Se tu fossi stato una spia" spiegò il Templare Oscuro "attraverso il tuo passato avrei capito le tue intenzioni. Un intruso può celare i suoi piani, ma non può nascondersi dai propri ricordi."
Il Protoss chinò la testa, in segno di rispetto "È un onore poter assistere alle gesta di un prode guerriero e un valido comandante come ti sei dimostrato essere, King di West Braxis."
Una parte di Lio era istintivamente terrorizzata: per qualche istante, lo sfiorò la paura che quell'alieno sconosciuto gli avesse fatto una specie di lavaggio del cervello o qualche sorta di trucco per il controllo mentale. Tuttavia, qualcosa in lui lo portava ad avere fiducia; sentiva come se il contatto che avevano avuto poco prima fosse stato reciproco, e Lio aveva in qualche modo percepito l'integrità e l'onore che permeavano lo spirito di Teraskul.
"La tua mente viaggia in luoghi oscuri" continuò Teraskul "ho sentito il peso che ti grava sulle spalle. Mi rammarico per la perdita del tuo popolo."
"Grazie, Teraskul" rispose Lio, sollevato dal non doversi più sentire sotto giudizio.
"Tuttavia, lascia che ti dia un consiglio: la rabbia è un'arma potente, ma colpisce duramente sia gli avversari sia chi la brandisce. Non lasciare che la rabbia e il desiderio di vendetta offuschino il tuo giudizio.
La reazione di Lio fu impulsiva "Le mie decisioni sono un problema mio, Protoss. Tu non sai cosa..." si interruppe, troppo tardi.
"...cosa hai passato? Sì invece, lo so. Me lo hai mostrato poco fa."
Lio distolse lo sguardo.
"Non sei l'unico, a combattere una battaglia coi propri rimorsi." Teraskul si scostò leggermente, indicando dietro di sé. Non lontano, seduto all'ombra di un palazzo rilucente, Taxanok, il cacciatore che aveva catturato Lio ed Elysa, sedeva da solo. Nonostante il volto Protoss fosse privo di espressività, era evidente che il guerriero fosse amareggiato e arrabbiato.
"Taxanok ha una storia non dissimile dalla tua, o da quella di molti altri nobili guerrieri passati, presenti e futuri." spiegò Teraskul "Molti suoi amici e validi seguaci sono periti sotto le orde Zerg e gli attacchi dei terrestri. La rabbia ha preso il sopravvento sul buon senso, e da allora viaggia di pianeta in pianeta cercando di placare la propria sete di vendetta. È un veterano, e la sua esperienza è superiore persino alla mia; potrebbe tranquillamente deporre le armi e assumere il ruolo di Esecutore o di Giudice, ma a causa della sua indomabile collera non può distaccarsi dal suo rango di Zelota."
Lio ebbe un dejavù a sentire quella parola. Una volta Parcox aveva nominato lo stesso termine, spiegandogli qualcosa. Lio si sforzò di ricordare:
Zelota...
Zel.
"Io e quello là non saremo mai amici." dichiarò fermamente Lio. Il nome di Zel derivava proprio dalla parola Zelota. Non avrebbe mai avuto un buon rapporto con qualcuno che gli ricordava uno dei suoi più acerrimi nemici.
"Tu disprezzi Taxanok ancora prima di confrontarti con lui?" chiese stupito Teraskul "Allora siete più simili di quanto entrambi vogliate ammettere."
"Che vuoi dire?" chiese Lio.
"Anche Taxanok ti odia, King di West Braxis. Se non avessi dato specifico ordine di catturarvi vivi, lui vi avrebbe trovati per uccidervi. Non gli serve una motivazione, il solo fatto di essere due umani è una colpa sufficiente a giustificare una sentenza di morte."
Poi Teraskul abbassò lo sguardo. "E anche io ero così."
Lio si ritrasse leggermente a sentire quelle parole "Vuoi uccidermi?"
"Ovviamente no, King Lio. Come ho già detto, ora sei sotto la mia protezione" lo rassicurò il Templare Oscuro "ma in passato, io come Taxanok avrei preferito porre fine alla tua vita piuttosto che interrogarti. Fortunatamente per te, ho avuto modo in passato di conoscere degli umani, che mi hanno aperto la mente e mostrato la stoltezza del mio atteggiamento guerrafondaio."
"Le persone ti cambiano la vita, già." sospirò Lio. "Per questo devo tornare a casa. Devo seppellire ciò che resta della mia famiglia."
"L'armata Protoss è qui con una missione da compiere, King Lio, e le truppe terrestri ci ostacolano. Se il tuo nemico è tra le loro fila, potremmo trarre mutuo vantaggio da un'alleanza."
"Conta su di me." accettò senza indugio Lio. Poi si voltò verso Elysa "La mia compagna è una spia eccezionale. Si è già introdotta nel campo nemico e ne è uscita senza lasciare traccia. Condivideremo le nostre informazioni con voi."
"Eccellente." concluse il Protoss, imponendo la sua mano sulle manette di Elysa, che subito caddero. "In cambio, vi riporteremo a casa. Questa è la mia promessa."
Lio provò finalmente un ormai quasi dimenticato senso di soddisfazione: dopo tante peripezie, finalmente le cose iniziavano ad andare per il verso giusto. Porse una mano da Elysa per aiutarla ad alzarsi.
La ragazza colse l'invito e si mise in piedi.
Per poi cadere a terra un istante dopo.
"Elysa?" chiese Lio, sorpreso.
La ragazza era a terra, priva di sensi.
"Elysa? ELYSA?!" cominciò a urlare Lio, buttandosi accanto a lei tentando di rianimarla.
"Per Aiur, che sta accadendo?" chiese Teraskul, con tono esterrefatto.
"È ferita!" spiegò Lio "Ha perso molto sangue, non mangia quasi niente da giorni e ha compiuto molti sforzi. È..."
Lio si interruppe. Gli occhi della ragazza erano assenti e il respiro affannoso.
"Hub!" urlò "Le serve Hub!!!"

lunedì 20 ottobre 2014

17. La Mia Vita


Il corteo di Protoss aveva estratto le lame laser ed era pronto all'assalto.
Lio iniziò a sudare freddo.
"Perché mi hai colpito in questo modo?" chiese Teraskul, fissando la propria mano.
"È-è il modo di salutarsi del mio pianeta. N-non è un'aggressione, è un segno di rispetto!" si affrettò a giustificarsi Lio. Elysa, ancora seduta a terra con le mani legate, mugolava parole indecifrabili, probabilmente rivolte al suo compagno di prigionia.
"Capisco." rispose il Templare Oscuro, levando una mano sugli altri, che subito rinfoderarono le armi. Nonostante la stazza e l'aspetto inquietante, sembrava essere ragionevole "Ti sei definito King. Sei forse il leader, là da dove provieni?"
Lio abbassò lo sguardo "Lo ero. Ormai del mio pianeta non rimane che il ricordo."
"Dunque la tua patria è in guerra. E chi è il tuo nemico? Devo considerarti una minaccia per il mio popolo?"
Lio capì che da quell'interrogatorio poteva andare del suo futuro. Se il Protoss lo avesse giudicato ostile, non sarebbe mai uscito vivo da quel campo.
"Non sei tu il mio nemico, stai tranquillo."
"Bada, terrestre" rimarco Teraskull, avvicinando il volto mascherato "Non provare ad ingannarmi. Ogni tua menzogna verrà scoperta, e se necessario punita."
Quando il Protoss parlava, Lio avvertiva uno strano fastidio, una specie di prurito su tutta la superficie del cervello.
"Non ho nulla da nascondere, tempiato."
"Templare" lo corresse Elysa.
"Sì, quello che è. Ti posso garantire che voi siete i primi Protoss che abbia mai visto in vita mia. Non ho nulla contro di te, il mio nemico è oltre la foresta." concluse Lio, indicando alle sue spalle.
"Quindi è una disputa tra umani."
"In un certo senso, sì" confermò Lio.
"Due soli e disarmati nella foresta sono un ben misero esercito da schierare contro il dispiegamento terrestre stanziato qui. La tua battaglia sarà ardua, King di West Braxis."
"Non siamo un esercito, e non siamo in guerra con tutti gli umani. Solo...noi...insomma, la situazione è più complicata di così." tagliò corto Lio.
"Molto bene. Mostrami, allora." propose il Protoss.
"...come scusa?" chiese Lio.
"Hai detto di non avere nulla da nascondere. È giunto il momento di dimostrarlo."
Il Templare Oscuro portò una mano davanti al volto di Lio. Il pizzicore mentale si intensificò, e tra la testa umana e la mano aliena iniziarono a formarsi delle piccole scariche elettriche.
Di colpo, Lio fu catapultato altrove.
Vide se stesso, poco più che ragazzino, che vomitava su un monumento in mezzo alla strada. Era una scena della sua infanzia, quando non era ancora stato portato su Nidhogg.
Era in piedi da solo, accanto al suo alter ego che rigurgitava, in preda a chissà quali postumi.
"Ma cosa..."
Nemmeno il tempo di chiedersi cosa stesse succedendo, e la scena cambiò di nuovo.
Si trovava dentro un modulo di trasporto per i prigionieri. Il suo io più giovane stava scoprendo a proprie spese che la nebbia di Nidhogg uccide i peli del corpo.
"I miei capelli!" urlò spaventato il ragazzino.
"Temo che per quelli sia troppo tardi, ragazzo." rispose una voce, fuori da modulo.
"Chi c'è là fuori?" chiese il giovane Lio, sempre più spaesato.
Una testa fece capolino dentro al modulo. "Ciao, io mi chiamo Joe. Benvenuto su Nidhogg."
Un battito di palpebre dopo, la scena era ancora diversa.
La stanza del King, al Quartier Generale.
"Sei molto bravo Lio. Sono felice che tu sia dei nostri." commentò Parcox, esibendosi in una delle sue gioviali risate.
"Parcox..." fece in tempo a sussurrare il Lio adulto, prima che lo scenario subisse un nuovo cambiamento.
Confine di West Braxis, anni dopo.
"Io ti conosco" balbettava un Lio ormai cresciuto, a mani alzate, davanti ad un Hiver Hit che gli puntava il fucile al petto "T-ti ho risparmiato l'ultima volta che..."
Il fucile del HH vomitò una scarica su Lio, trafiggendogli il petto in più punti.
Le cicatrici di quei colpi bruciarono intensamente, sul corpo dell'attuale Lio.
"LIO!" urlò Fil, correndo in soccorso del compagno, mentre l'HH fuggiva.
Di nuovo nella stanza del King.
"ANDIAMO A FARGLIELA PAGARE!" urlava un Lio convalescente, fasciato da metri e metri bende e col braccio al collo.
"E cosa dovremmo fare, scatenare una guerra?" chiese Parcox, di fronte a lui.
"Sì! Quei bastardi figli di puttana non meritano di vivere un secondo di più! Li abbiamo lasciati prosperare anche troppo!"
"Non posso mettere a repentaglio la vita di tutto il clan in una operazione del genere. Troppa gente morirebbe..."
"Troppa gente MORIRÀ se non spazziamo via subito quella minaccia! Guardami, Parcox! Non so per quale miracolo sono ancora vivo!"
"Sei troppo arrabbiato ora per prendere in considerazione tutte gli aspetti della faccenda." rispose Parcox, pacato.
"Arrabbiato? CERTO CHE SONO ARRABBIATO! Mi hanno sparato addosso!"
"Io no, sai? Non mi sento arrabbiato in questo momento. Anzi, sono felice."
"Felice?!" si sbalordì il Lio passato "come puoi essere felice per questo?"
Parcox lo strinse a sé.
"Sei vivo, maledizione. Ero convinto che ti avrei perso, maledetto idiota."
La voce del vecchio King era rotta dal pianto. Gli occhi di entrambi i Lio si riempirono di lacrime.
Nuovo salto in avanti. Appena fuori dal confine di WB.
“Sei fortunato ragazzino, ti hanno consegnato proprio sulla porta di casa.” chiese Lio ad un giovane prigioniero appena atterrato. Il giovane, pallido e tremante, era a terra inerme. Lio gli porse una mano.
“Chi…chi sei?” chiese Zero, ansimando, senza accogliere l’invito ad alzarsi.
“Mi chiamo Lio, dei West Braxis” rispose “con chi ho l’onore di parlare?”
“Mi chiamano Zero da quando ero un ragazzino.”
“Ma tu sei ancora un ragazzino!”
L'arrivo di Zero. Lio era ormai sopraffatto da tutte le emozioni che quei ricordi gli causavano.
Il giovanissimo Zero si alzò in piedi.
Lio lo guardò e sorrise “Benvenuto su Nidhogg.”
Le immagini cominciarono a vorticare sempre più velocemente.
Lio ammutolì mentre i sui ricordi sfrecciavano davanti a lui.
Hiver Hit che attaccava di nuovo...
Parcox che li umiliava...
Parcox morto...
Il funerale...
La guerra...
L'orrenda morte di Fil...
Zero catturato...
L'assalto...
La Grande Battaglia...
La vittoria...
La pace...
e poi...
Lio tentò di distogliere lo sguardo. Non voleva rivederlo. Non di nuovo.
Ma quel momento tornò.
Zero morì. Davanti ai suoi occhi. Per l'ennesima volta.
"NO!" urlò Lio, in faccia al Templare Oscuro.
Era di nuovo al centro della città di oro e cristallo dei Protoss. E Teraskul lo fissava, coi sui occhi luminosi.
E uno sguardo commosso.
"Ora conosco la tua vita, Lio, King di West Braxis." disse "Sei un nobile guerriero. Da ora non sei più mio prigioniero, ma mio ospite."

lunedì 13 ottobre 2014

16. Alieni


Lio ne aveva ormai passate tante, ma era incredibile come la situazione potesse sempre degenerare.
Circondati da un folto gruppo di alieni che li fissavano in silenzio, lui ed Elysa erano seduti, schiena contro schiena e con le mani immobilizzate da delle assurde manette gigantesche. Il loro rapitore li aveva afferrati e teletrasportati in una specie di navetta, che dopo un breve periodo li aveva fatti riapparire al suolo, al centro della città d'oro e cristallo dei Protoss.
"Che hai combinato mentre ero via per farli incazzare così?" sussurrò Elysa al suo orecchio.
Lio non poteva credere alle sue orecchie "Cioè, veniamo rapiti e fatti prigionieri da un alieno blu alto due metri, e tutto ciò che sai fare è dare la colpa a me?"
"Vuoi dirmi che non è colpa tua?"
"NO, NON È COLPA MIA! HO DORMITO MENTRE ERI VIA, BRUTTA STRONZA PARANOICA!"
Il corteo di Protoss parve non apprezzare le urla.
"Taci, imbecille!" lo rimproverò Elysa, piantandogli una gomitata nella schiena e riportando il tono sottovoce.
"A che scopo? Tanto ormai siamo morti!" bisbigliò Lio a denti stretti.
"Se volessero ucciderci lo avrebbero già fatto" constatò la ragazza "se siamo vivi è perché vogliono qualcosa da noi."
"Bè, io ho poco da offrire. Tu?"
In breve il silenzio calò di nuovo. I due prigionieri non avevano idea di cosa aspettarsi.
Lio osservò con attenzione quelle creature mai viste prima: ad una prima occhiata sembravano non troppo dissimili dai comuni soldati che aveva visto molte volte nel corso della sua vita, ma ad una più acuta osservazione le differenze diventavano marcate. Le gambe, piegate in più giunture disposte a zig-zag, permettevano falcate lunghissime; le mani erano composte da due dita centrali e due "pollici" laterali; ma era la testa la parte più strana: il mento e la nuca erano molto allungati, e di fronte non era presente alcuna apertura, ad eccezione dei due occhi che brillavano di un azzurro glaciale. Dietro invece, dalla punta della nuca, spuntavano delle specie di capelli dalla lunghezza variabile, ma estremamente spessi, quasi delle corde.
Improvvisamente, il loro cacciatore si fece avanti. Era piuttosto facile riconoscerlo, nonostante il muso privo di bocca identico a quello di tutti gli altri, dal momento che la sua armatura presentava svariati segni di usura e inconfondibili testimonianze di molte battaglie.
"Adesso basta! Non aspetterò oltre!" esordì, allargando le braccia. Due lame laser fuoriuscirono dalle grosse coperture in metallo che portava sugli avambracci.
"Taxanok, conosci gli ordini. Placa la tua collera." lo fermò il Protoss accanto a lui, afferrandolo per una spalla.
"Questi umani hanno insozzato l'aria del nostro avamposto fin troppo a lungo!" rispose il cacciatore, scrollandosi la mano di dosso "Sono stato chiamato per eliminare la minaccia terrestre, ed è esattamente ciò che intendo fare!"
"Sei stato chiamato per difendere la tua casata, zelota." tuonò una voce proveniente dal nulla "In che modo lo farai, spetta a me deciderlo."
Il cacciatore chiamato Taxanok fece un passo indietro. Di fronte a lui, una nube di fumo nero si levò dal terreno, diventando un'enorme massa alta più di tutti i Protoss presenti; poi la nube si diradò, e sotto di essa si rivelò esserci un Protoss imponente, coperto da un grosso mantello scuro e una bandana che andava a coprirgli il volto sotto gli occhi. I capelli erano annodati in una robusta treccia.
"Avverto la tua rabbia, zelota Taxanok, e posso percepire il tuo desiderio di rivalsa. Conserva la tua furia per il campo di battaglia."
"Non comprendo il motivo per cui ho dovuto abbassarmi a risparmiare la vita di queste creature inferiori, Templare Oscuro! Porre subito fine alle loro inquinanti esistenze sarebbe più onorevole per tutti noi!"
"Non un'altra parola!" la voce del novo arrivato si fece ancora più altisonante "La tua esperienza in battaglia ti ha reso un formidabile guerriero, ma ha anche offuscato il tuo giudizio! Fintanto che sarò io alla guida di questo avamposto, è a me che spettano le decisioni! Sono stato chiaro, zelota?"
Lio era confuso "Ma come parlano questi? Certe parole manco le conosco!" chiese a Elysa, con voce impercettibile.
"I Protoss sono una razza antichissima, e i membri di questa specie vivono per migliaia di anni. Non come te, che in vita tua la parola più forbita che avrai sentito è stata bordello."
Lio roteò gli occhi. Ogni occasione era buona per una frecciatina.
Il nuovo arrivato si voltò verso di loro, trovandosi proprio di fronte a Lio. Il ragazzo deglutì, intimorito da quell'essere minaccioso. L'alieno passo una mano sopra di lui, ed istantaneamente le manette si aprirono e caddero a terra.
"Alzati in piedi, terrestre. Ti parlerò in modo onorevole."
"No! Non posso accettarlo!" sbraitò di nuovo Taxanok "i prigionieri dovrebbero restare tali! Non dare fiducia a quella infida creatura!"
"Il giorno in cui un terrestre disarmato si rivelerà essere una minaccia concreta per un Templare Oscuro, allora quel giorno abbandonerò i miei voti e sarai tu a decidere le sorti dei prigionieri, Taxanok." rispose il Protoss col mantello, rivolgendosi di nuovo al cacciatore "Ma fino ad allora, ho io questo onere. E se il tuo unico contributo al mio interrogatorio si limiterà ad altre interruzioni, hai licenza di allontanarti. Adun Toridass."
Taxanok strinse gli occhi "En Taro Tassadar" rispose; dopodiché se ne andò.
"Torniamo a noi, terrestre." riprese, volgendosi verso Lio e porgendo l'enorme palmo verso di lui "Il mio nome è Teraskul, della tribù dei Nerazim, latore dei segreti Xel'Naga e incaricato nel recupero dei manufatti di questo sistema. Qual è il tuo nome?"
Lio prese coraggio, e decise di darsi un tono "Il mio nome è Lio, King di West Braxis. Bella."
Dopodiché batté il cinque sulla mano del Protoss e colpì con il pugno sulle sue enormi dita.
"Ecco" sbottò Elysa, guardando il cielo "Ora ci ammazzano davvero."

lunedì 6 ottobre 2014

15. Non siamo soli

Il Fiore Arboreo, più alto del tetto della foresta di almeno sei metri, permetteva una visione dell'area circostante a trecentosessanta gradi: alle spalle di Lio ed Elysa, là da dove erano venuti, si potevano vedere degli enormi massicci montani, alti migliaia di metri, dalle vette bianche e rilucenti al sole. Più a valle, verso di loro, una colonna di fumo nero si alzava per poi disperdersi nell'aria, ultima traccia del loro rudimentale accampamento. Nessun segno dei loro inseguitori.
Era però dalla parte opposta, di fronte a loro, a valle, che le cose si complicavano: a diversi chilometri di distanza, tra le fronde della foresta, spiccavano guglie rilucenti di cristallo, che attorniavano edifici dorati dall'architettura complessa e insolita. Più in là, verso l'orizzonte oltre quella specie di città rilucente, erano a mala pena visibili altri edifici, ma di fattura ben più nota: si trattava di una base militare umana.
"Avevi detto che il pianeta è disabitato." commentò Lio, scrutando l'orizzonte.
"Le basi militari vengono installate in pochi giorni" rispose Elysa "quindi quelli devono essere arrivati di recente. Mi risulta che i Protoss siano qui da più tempo, ma non molto. Infatti la loro base non è grandissima."
"Quindi è da lì che vengono quelli che ci danno la caccia."
"Se ci stessero cacciando, saremmo già morti." disse Elysa, scuotendo la testa "I Protoss hanno poteri sensoriali incredibili, e alcuni di loro sono in grado di rendersi invisibili. Non ci stavano cercando, semplicemente sono venuti a controllare l'origine della colonna di fumo."
Si interruppe, grattandosi la testa e riflettendo "Comunque, ora che sappiamo di avere dei vicini umani, possiamo pianificare qualcosa."
"Il piano viene da sé." rispose Lio, immaginando dove la sua compagna di fuga volesse andare a parare "una navicella umana sarebbe l'ideale per andarsene da qui."
"Potremmo intrufolarci in un carico di materiali vari e svignarcela senza dare nell'occhio." propose la ragazza.
"No." la smorzò subito Lio "Dobbiamo trovare Derek, e dopo dovrò tornare su Nidhogg. Ho delle promesse da mantenere."
Elysa si infiammò "Ma che cazzo dici? Vuoi entrare in una base militare e andartene via con un mezzo rubato? Hai idea della pioggia di fuoco che ci pioverà addosso? Per non parlare dell'Incrociatore del Magistrato che ci dà la caccia!"
"Se vuoi andartene da sola, sei libera di farlo. Io farò quello che devo, o morirò provandoci."
Elysa era furiosa, ma aveva già appurato in più occasioni come fosse impossibile schiodare Lio dalle proprie idee, per quando folli esse fossero. Prese un bel respiro, e decise di rimandare la discussione.
"Diciamo che per prima cosa dobbiamo sapere di più su quella base militare. Tra qualche ora sarà il tramonto direi. Ne approfitterò per andare a curiosare, con favore del crepuscolo."
"Bene, allora aspettiamo e andiamo insieme." concordò Lio.
"Non credo proprio" ribattè Elysa "se devo introdurmi in una base nemica, non voglio intralci di alcun tipo: andrò da sola. Tu hai già fatto abbastanza danni."
"Ma la smetti?" si inalberò Lio, stanco di essere trattato come una specie di calamità.

Passarono un paio di ore, e il sole effettivamente si apprestò a concludere il suo lentissimo ciclo. Il tramonto non stava avvenendo però all'orizzonte, bensì andava ad eclissarsi dietro al gigantesco satellite del pianeta Resvelg, chiamato Lerad.
Il tramonto a metà cielo era molto suggestivo, ma Lio non se lo stava godendo. Aveva deciso di attendere il ritorno di Elysa sulla cima del Fiore Arboreo, e la stanchezza ebbe ben presto la meglio su di lui. Accomodatosi con la testa sul cuscino, si era addormentato.

La nebbia.
Zero entrava senza bussare.
La radio squittiva.
Lio rispondeva.
“Sono tanti...”
E tutti morivano di nuovo.

"AAAARGH!" Lio si svegliò urlando. Era notte fonda, ed Elysa era accovacciata accanto a lui, guardandolo preoccupata.
"Ma che ti prende? Mentre dormivi digrignavi i denti e mugolavi come un cane rabbioso..."
Lio ci mise qualche istante a capire dove si trovava e cosa stava succedendo. "Scusa. Ho avuto un incubo."
"Tutto bene?" chiese Elysa. Non c'era sfottò nelle sue parole, sembrava veramente preoccupata per una volta.
"Sì. Com'è andata?"
"Arrivare è stato piuttosto semplice, ho seguito il corso di un torrente che fa un largo giro, distante dalla base Protoss. Una volta lì, ho scoperto delle cose davvero interessanti, ma non saprei dire se sono buone o cattive notizie..."
Lio si stropicciò la faccia, preoccupato. "Che succede adesso?"
"Il Magistrato è qui."
"COSA?" urlò Lio, colto di sorpresa.
"La sua nave è al campo. È atterrato e si è unito all'esercito locale. Ci sta dando la caccia."
"Questo già lo sapevamo" commentò Lio malinconicamente "Ma quindi anche l'Alchimista è qui su Resvelg."
"Esatto." rispose Elysa "Non ci tengo particolarmente a rischiare la mia pelle per lui, ma se vuoi farlo scappare dalle grinfie del Magistrato, questa è l'occasione migliore."
Lio ebbe un moto di esultanza, quasi un riflesso condizionato che aveva fatto proprio su Nidhogg. Per lui era prassi esultare ad ogni bella notizia. Elysa lo fissò, vagamente imbarazzata.
"Bene, ora torniamo al piano. Che altro hai scoperto?"
"Bè dunque..."
La ragazza fu interrotta da un lampo blu, proprio lì accanto a loro, sulla vetta del Fiore Arboreo.
In un istante, un essere umanoide, alto, dalla pelle bluastra e dagli occhi gelidi, apparve accanto a loro.
"Voi venite con me" disse una voce proveniente da non si sa dove, visto che l'essere era senza bocca.
Nemmeno il tempo di urlare per lo spavento, e Lio ed Elysa vennero afferrati dalle enormi mani a quattro dita dell'umanoide.
Un nuovo lampo blu, e sul Fiore Arboreo rimase solo il cuscino.

lunedì 29 settembre 2014

14. Corri


Correre nella foresta era terribilmente rischioso.
Ma stare fermi lo sarebbe stato di più.
I due fuggitivi avevano avuto a mala pena il tempo di recuperare il prezioso cuscino dai rottami dello schianto prima di darsela a gambe, per niente ansiosi di scoprire cosa stava accadendo.
"Cos'è quello?" urlò Elysa, indicando dietro di sé.
Lio si voltò un istante senza fermarsi; un oggetto volante, simile ad un fiore metallico capovolto, roteava a diversi metri dal suolo. Non aveva mai visto nulla di simile, doveva trattarsi di un oggetto non umano.
Lio riportò la sua attenzione sulla strada che stava percorrendo, e si rese conto di essere a pochi centimetri da un albero. Si slanciò di lato per evitarlo, ma ormai era troppo tardi: colpì il tronco con la spalla, piroettando di trecentosessanta gradi. Tuttavia, conclusa l'acrobazia, contenne sia il dolore sia l'equilibrio, e continuò imperterrito la sua corsa.
"Tutto bene?" chiese la ragazza, che correva agilmente tra i fiori arborei sfruttandoli per darsi maggiore spinta con le braccia.
"Sì. Corri."
Corsero finché non ebbero più fiato in gola, e continuarono anche oltre. Lo spavento garantiva loro energie straordinarie.
Solo dopo un lungo tragitto si resero conto di non essere inseguiti, ma la prudenza non era mai troppa; si acquattarono tra le radici scoperte di un enorme fiore arboreo e ripresero fiato.
"Che diavolo è quella roba?" chiese Lio, ansimando.
"Non ne posso essere certa" rispose Elysa, appoggiandosi al tronco. La corsa aveva donato un po' di colorito al suo pallore "ma credo che fosse tecnologia Protoss."
"Protoche?" domandò Lio, dubbioso.
Elysa lo guardò sorpresa. Poi, appena si rese conto che diceva sul serio, lo fulminò con lo sguardo.
"PROTOSS! La razza aliena millenaria che ha causato centinaia di morti in tutto il settore!"
Lio si guardò attorno, spaesato.
"Ma dove diavolo sei stato per tutta la vita? Come fai a non conoscere i Protoss?!"
"Sono stato in una prigione tagliato fuori dal mondo, se proprio vuoi saperlo! Mi spiace non essere Mister Ultime Notizie!" rispose Lio, acidamente.
Elysa ruotò gli occhi, e tirò un sospiro di pazienza "Bè, ti basti sapere che i Protoss sono una razza aliena tecnologicamente avanzata, dotata di armi pesanti e iperdistruttive ma al contempo in grado di teletrasportarsi agilmente ovunque. Sono forti e pericolosi. Meglio non averci a che fare."
"Non vedo un solo motivo per farlo." commentò Lio "Anzi, visto che adesso sanno della nostra presenza, sarò molto felice di trovare un modo per svignarcela da questo pianeta."
"Non sarà facile..." sospirò la ragazza, aggiustandosi la benda al braccio. "Se i Protoss sono qui, questo pianeta non può essere altro che Resvelg."
Lio spalancò gli occhi per la sorpresa "Sai dove siamo?"
"Certo che lo so, mentre ero prigioniera del Magistrato non ho studiato solamente i corridoi dell'astronave: mi sono procurata anche la rotta che avremmo seguito, per sapere dove rifugiarmi una volta fuggita. Potevamo approdare su una colonia sperduta e far perdere le nostre tracce, o su un affollato pianeta commerciale e mescolarci alla folla risultando introvabili."
"E invece?"
"E invece qualcuno ha mandato tutto a monte e siamo finiti qui."
Lio strinse i denti e portò gli occhi al cielo "Non ricominciare."
"Questo è il sistema Resvelg-Lerad, ed è completamente disabitato dalla civiltà umana" tagliò corto Elysa "quindi, andarsene sarà tutt'altro che semplice."
Lio si abbandonò contro il tronco del Fiore Arboreo. Non avrebbe potuto ricevere notizia peggiore.
Tutte le sue promesse si stavano rivelando null'altro che parole. Non era riuscito a vendicare la morte di Zero e di tutti i suoi compagni, non era riuscito a salvare Derek, e non sarebbe nemmeno riuscito a tornare un'ultima volta su Nidhogg.
La storia di West Braxis sarebbe finita con lui, morto da qualche parte in una giungla sconosciuta, senza nemmeno la possibilità di salutare un'ultima volta la bandiera del suo clan distrutto.
"NO!" sbraitò impulsivamente "Non mi arrendo! Ho promesso a Derek di salvarlo, ho promesso a Zero di vendicarlo! NON PUÒ FINIRE COSÌ!"
Elysa arretrò, intimorita da quello scatto d'ira. "Ehy ehy ehy, calmati. Voglio andarmene tanto quanto te, ma come possiamo fare? Non abbiamo nulla!"
"Ruberemo una nave di quei Protoss, aggiusteremo la navetta con cui siamo arrivati o ci faremo spuntare delle fottute ali, non me ne frega un cazzo! IO NON MORIRÒ QUI!"
Una lacrima rigò il volto pieno di rabbia di Lio. Lui non se ne accorse, ma Elysa sì.
"Ok." si limitò a sentenziare.
Lio si drizzò in piedi, uscendo dal loro piccolo nascondiglio.
"Non possiamo tornare ora alla navetta, è troppo rischioso." rifletté, poggiandosi le mani sui fianchi e guardando verso l'alto. "Quest'albero è un po' più alto degli altri. Saliamo e scopriamo come siamo messi."

Fu un ardua scalata, ma alla fine ce la fecero entrambi.
Lio dovette destreggiarsi anche tenendo un angolo di cuscino tra i denti, ma il tronco del fiore arboreo era molto rugoso, con solchi sufficienti a contenere una mano. Tanto bastò ai due fuggiaschi per arrivare in cima.
Una volta poggiati i propri piedi su gli enormi petali della pianta, Elysa e Lio si guardarono attorno. Il silenzio tra i due rimase granitico per qualche minuto.
"Bè genio, almeno sappiamo che non siamo soli." commentò Elysa, ironica. "Questo è meglio o peggio?"

lunedì 22 settembre 2014

13. Vivi


L'afa rendeva l'aria pesante.
Le copiose piogge dei giorni precedenti avevano gonfiato ruscelli e rigagnoli, che in quel momento correvano tra gli alberi verso valle.
Pochi rumori oltre allo scorrere dell'acqua interrompevano il sacro silenzio della foresta. Le gocce che si accumulavano e cadevano dalle ampie foglie dei Fiori Arborei cadevano a terra senza rumore, assorbite dal fitto tappeto di piantine.
L'umidità incrementava il calore nell'aria. Poche creature sembravano a loro agio in quella foresta afosa.
Un Ragnomosca di grandi dimensioni svolazzava pigramente da un fiore arboreo all'altro, cercando qualche cella di nettare ancora piena di cui nutrirsi. Di norma un Ragnomosca non supera le dimensioni di un gatto, ma l'esemplare era riuscito a crescere ulteriormente divorando tutte le risorse a cui era riuscito ad accedere. Tuttavia, la stazza lo rendeva ancora più bisognoso di nutrimento, e ciò lo costringeva a spostarsi continuamente, in cerca di nuove fonti di cibo.
Si apprestava a lasciare l'ennesimo Fiore Arboreo privo di nettare, quando avvertì un forte odore di carne morta portata dal vento.
Istintivamente, il Ragnomosca spiegò le quattro ali trasparenti e iniziò a farle vibrare; sbattendo contro il grosso e peloso addome, le ali riuscirono a sollevare il corpo grassoccio dell'insettoide, provocando un profondo e fragoroso ronzio.
L'odore e la promessa di un pasto facile guidarono l'animale direttamente alla fonte: un corpo umano, o meglio, ciò che ne rimaneva.
Dapprima titubante, il Ragnomosca saggiò con i sui barbigli il sangue rappreso attorno ai resti della carcassa; ma in breve la fame ebbe il sopravvento, e le sue quattro fauci si aprirono per addentare un lembo di intestino penzolante.
Il morso non arrivò a chiudersi.
Come un fulmine a ciel sereno, un coltello aprì in due la testa dell'animale.
"Evvai, questo è grosso!"

Lio ridiscese dal tetto della navicella, malamente conficcata nel terreno e sostenuta dai tronchi squarciati dall'impatto. Il sole era sorto tre volte da quando si erano schiantati, ma le giornate in quella foresta umida e bollente sembravano durare settimane.
Si lanciò, atterrando ammortizzando il salto e badando bene di non perdere la presa sull'insettoide che aveva appena ucciso e che teneva sottobraccio. Lio sputò a terra, tentando di scacciare dalle narici l'odore pestilenziale nell'aria. La carcassa del Marine, o meglio la metà che si erano portati dietro fuggendo, si era rivelata un'ottima esca per procacciarsi grosse prede, ma il prezzo da pagare era il tanfo ogni giorno più pungente.
Il corpo morto dell'animale era voluminoso ma leggero. Lio entrò nella navicella e lo buttò a terra.
Elysa era seduta in un angolo, appoggiata al muro col cuscino dietro la schiena.
"Come va la ferita?" chiese Lio.
"Come sempre." rispose lei quasi sottovoce, sistemandosi il bendaggio di fortuna che aveva attorno al braccio. Lio era uscito sballottato ma illeso dall'impatto, Elysa invece presentava un taglio profondo che andava da spalla a gomito sinistro.
Lio tornò a concentrarsi sull'animale. Con mano ferma, affondò il coltello nel'addome dell'insettoide, aprendolo da cima a fondo. La ragazza distolse lo sguardo, inorridita.
Lio continuò la sua opera di macellazione: separò le due metà dell'addome, si fece largo tra il sangue e i fluidi appiccicosi, tagliò via con cura le due sacche di uova speculari ed estrasse i due morbidi filetti bianchi che facevano da cuscinetto a queste ultime.
Lio ne addentò uno senza troppi complimenti.
Per sapore e consistenza, sembrava di mangiare budino al gusto di niente. Tuttavia riempivano lo stomaco, e il coraggio di Lio nell'assaggiare quel pezzo di carne giorni prima gli aveva garantito la sopravvivenza a pancia piena.
Mentre dava un altro morso, porse il secondo filetto a Elysa. Lei si ritrasse come se la stesse minacciando di morte.
"Devi mangiare." la rimproverò.
"Io non mangio niente che sia uscito da quell'essere mostruoso!"
"Ma è buono!" insistette, mordendone ancora.
"Non importa! È uno schifo! Vai via!" urlò lei, riparandosi gli occhi con le mani.
Lio sospirò, chiamando a sé tutta la pazienza che aveva a disposizione. "Da quando siamo qui, tutto ciò che hai mandato giù è dell'acqua piovana. Sei ferita e hai perso molto sangue, sei smagrita e molto pallida. Lo so che sembra una cosa vomitevole, ma ti assicuro che questo pezzo di carne è perfettamente commestibile."
"Ma io..."
"Niente ma. Non abbiamo scelta. Se vuoi sopravvivere devi ascoltarmi."
Elysa parve cambiare pian piano opinione, rialzando lentamente lo sguardo.
Di scatto, si alzò e fissò Lio negli occhi.
"Senti chi parla! Se TU avessi ascoltato ME, ora non saremmo qui!"
Lio chiuse gli occhi. Era riuscito a mantenere la calma fino a quel momento, doveva resistere ancora.
"Non ha importanza ora."
"Certo che ha importanza! Se tu non fossi impulsivo e testardo come sei, non ci troveremmo in questa situazione di merda!"
"SÌ, È UNA SITUAZIONE DI MERDA!" sbottò infine Lio "Lo vedo bene, so come siamo messi! So che è colpa mia! So che me lo rinfaccerai ogni volta che mi vedrai da qui all'eternità! Ma so anche che se non reagisci a questa situazione e non mangi qualcosa, allora morirai! Quindi che vuoi fare, ripetermi che è colpa mia o mangiare questo fottuto pezzo di carne?"
Elysa abbassò lo sguardo, non trovando nulla da rispondere.
"E va bene" acconsentì, dopo qualche attimo di silenzio. "Ma ad una condizione. Se devo mangiare quella cosa, la voglio cotta."
"E come facciamo a cuocerla? Non abbiamo una cucina su questo trabiccolo!"
"Basta un fuoco per cuocere la carne, genio! Non sei mai stato in campeggio?"
"No, mai stato. Ma una cosa la so: con questa umidità, non riusciremo ad accendere neanche una discussione."
Elysa si grattò la testa, riflettendo. "Magari con il carburante della nave un po' di legna potrebbe ardere anche se umida. Tanto a questa navetta non servirà più."
Lio pensò prima di rispondere. Come compromesso era ben accettabile, e in fondo anche a lui la carne cotta avrebbe dato più soddisfazione di quella cruda. Inoltre, un fuoco per asciugarsi avrebbe fatto comodo, in quell'aria umida e afosa.
"Molto bene. Proviamoci."

Non fu facile.
Il terreno all'esterno della nave era impregnato d'acqua, e ciò non facilitava le cose. L'unica situazione attuabile fu appiccare il falò dentro la navicella.
La soluzione parve funzionare, anche se il metallo attorno alle fiamme era diventato rovente e il fumo tendeva ad accumularsi nell'abitacolo. Aprendo tutti i portelli la situazione migliorò leggermente, e il metallo arroventato si rivelò essere un' ottima piastra per il filetto di Ragnomosca alla griglia.
"Questo fumo allontanerà le prossime prede" constatò Lio, amareggiato.
"Puoi sempre spostare il nostro amico esca altrove per ammazzare quelle orrende bestiacce" propose Elysa, a bocca piena.
Lio si ficcò in bocca l'ultimo pezzo di carne. Abbrustolita, almeno acquistava un po' di sapore.
Uscì dall'aria affumicata della navetta e si tuffò in quella umida all'esterno; Elysa lo seguì, ed entrambi si sedettero sul tappeto di piantine verdi.
Era bello rilassarsi, nonostante tutto.
"Che faremo?" chiese Elysa.
"Rimettiamoci in sesto adesso" rispose Lio "quando saremo in forma, vedremo il da farsi. Cercheremo una città, ci sposteremo, insomma inventeremo qualcosa."
"Niente in contrario" disse lei, sdraiandosi. Lio la imitò. Se ne rimasero in silenzio, a guardare il cielo terso, ad eccezione della colonna di fumo che saliva dalla navetta.
Lio fu colto da un dubbio. "Ma non è che la colonna di fumo ci rende individuabi-"
WAMP.
Una palla di elettricità, una specie di ammasso di fulmini blu, apparve sopra di loro, dal nulla.
"Merda."

lunedì 1 settembre 2014

#RandomMadness - Animal Life

Mi sveglio.
Sono sul mio divano. Non ricordo di essermi addormentato. La mia bocca è pervasa dal gusto amaro del caffè, che non è bastato a tenermi vigile.
Mi alzo. Addormentarmi è stata una pessima idea. Non ho il tempo di dormire, devo raccogliere...
Bussano.
Ci siamo.
Spero che non sia lui fino all'ultimo secondo, fino all'ultimo momento in cui la porta mi nasconde dalla sua vista. Ma in cuor mio so che è lui. E infatti è così.
“Sei in ritardo. Puoi pagarmi oggi?”
Quella voce stridula, quel pelo marrone, quella coda a strisce, quella bocca bavosa da cui sporgono le tue zanne da mangiatore di carogne, quella mascherina tatuata sui tuoi occhi che urla al mondo il ladro che sei. Inconfondibile. Ti odio, Nook.
“N-Non posso...” balbetto. Sono stordito. Ma che ora ho fatto ieri notte?
“Lo immaginavo” commenta lui, deridendomi. L'ondata di rabbia mi rende un po' più lucido. “Sentiamo, che scusa hai questa volta?”
“La solita di sempre, maledetto strozzino. Le stelline non crescono sugli alberi, e mi ci vuole tempo per raccogliere una cifra così esosa.”
“Quanta rabbia” sembra che si stia divertendo un mondo “se non puoi adempiere al tuo debito non è certo un problema mio. Potrei confiscare i tuoi averi, ma sarò magnanimo” si volta e si avvia lungo il vialetto. Sospiro. Anche oggi l'ho scampata.
“Ti do ancora una settimana di tempo per farmi avere le 600'000 stelline che mi devi.”
Sono abbastanza sicuro che il mio cuore abbia smesso di battere. Mi aggrappo alla porta per non cadere.
“M-ma fino a ieri erano 400'000!” riesco a balbettare.
“Davvero? Eppure il contratto parla chiaro” risponde lui, facendo il finto tonto. Non so se scoppiare in lacrime o lanciargli le mani alla gola. Mi guarda rivolgendomi un sorriso maligno. Dall'angolo della sua sporca bocca cola giù un filo di bava. Disgustoso.
“Mi spiace andarmene subito, ma ho molti altri impegni che mi attendono. Cerca di non deludermi stavolta.”

Mi prendo il resto della mattinata per riflettere. Come diavolo ho fatto a ridurmi così? Devo essere il sindaco più sfigato della storia.
Cammino per la mia città. I miei cittadini non sospettano niente, e mi salutano cordialmente.
“Grazie e buongiorno anche a te!” dico.
'Datemi un po' di soldi invece dei vostri soliti abiti usati e inguardabili' penso.
Evito di trattarli troppo male, non se lo meritano. Non tutti almeno.
La mia città è bellissima. Le fontane, le panchine, i lampioni, le strade pulite. Mi sono impegnato al massimo per realizzare qualcosa di bello. Ma quell'impegno mi ha accecato, e non ho visto il dramma che mi si parava alle spalle.
Scendo in spiaggia. Il mare è calmo e limpido. Quasi preferirei che scoppiasse un temporale, sarebbe più adatto al mio umore.
Fisso l'orizzonte in lontananza. Laggiù, oltre la vista, c'è l'arcipelago...
“No. Ho detto basta, e allora basta.”
Ma so che lo farò di nuovo. So che ho BISOGNO di farlo di nuovo.

Il cielo è ormai a tinte rosse.
Lascio tutte le mie cose in casa. Esco, chiudo la porta e mi avvio verso il molo. Faccio molta attenzione, non voglio essere visto mentre ricado di nuovo nel tunnel.
Raggiungo il molo. La barchetta a motore è lì ad attendermi.
“Sei pronto per partire, gamberetto?” mi chiede il vecchio al timone.
“Ti ho detto di smetterla di chiamarmi così” gli ripeto per l'ennesima volta, saltando a bordo.
Il viaggio non è lungo, ma la compagnia lo rende una autentica tortura.
“AMAAAR VUOL DIIIIIR, NON DIRLE MAI CHE HAAAA, TRA I SUOI DENTIIII, SPI-NA-CI A VOLONTÀÀÀÀÀÀÀÀÀ!”
Questo vecchio non fa altro che berciare frasi senza senso, credendo di cantare. Ma è pur sempre meglio quando dà aria alla bocca, piuttosto di quando lo fa da altri orifizi.
“Eccoci arrivati” esulta sorridendo.
Scendo dalla barca ancora prima che si fermi. Non ho tempo da perdere.
Supero di corsa il centro accoglienza ed esco dall'altro lato.
L'isola è deserta, solo il rumore delle onde e qualche debole ronzio. Perfetto.
Mi procuro un retino a noleggio dal piccolo venditore epilettico all'angolo del locale. È troppo impegnato ad agitarsi per far caso a me.
Potrò lavorare indisturbato per tutta la notte.

Il ritorno a casa è più tranquillo. Il vecchio marinaio pazzo continua a cantare e non guarda il carico contenuto nella cesta.
Arriviamo al molo in piena notte.
Sono talmente nervoso che il mio stomaco minaccia di aprirsi da un momento all'altro. Eppure, riesco a provare anche brividi di eccitazione.
Recupero il carico e mi avvio correndo verso il negozietto dall'altra parte della città. Le tinte rosa confetto delle pareti nascondono perfettamente la vera natura dei quell'edificio.
Sbircio dalla finestrella a forma di cuore al centro della porta: nessuno in vista. Apro, entro in fretta e chiudo la porta prima che il campanello automatico attiri attenzioni indesiderate.
L'ambiente all'interno è una perfetta commistione di ordine e caos: dentro a larghi soppalchi quadrati di legno blu che dividono il negozio in corridoi dritti e precisi. Si trovano ammucchiati malamente i più svariati oggetti di ogni forma e dimensione. Indumenti, ossa fossili, strumenti musicali, carta da parati, mobili, minerali preziosi...montagne su montagne di roba ammassata senza soluzione di continuità.
Pochi istanti dopo il mio ingresso, qualcuno appare da dietro uno di questi mucchi di ciarpame. Mi guarda e mi sorride maliziosamente.
"Molto bene... un cliente. Benvenuto."
"Non prendermi in giro Alpaca. Non sono qui per comprare."
Lei sghignazza. Qualcuno impazzirebbe per il suo morbido pelo rosa e la sua aria innocente all'inverosimile. Io no.
Lei non si scompone davanti alla mia espressione granitica. Anzi, sembra divertirsi.
"Ehi" sussurra, avvicinandosi "mio marito si è addormentato di nuovo sul lavoro. Puoi sentirlo russare da qui." Mi fissa negli occhi e mi accarezza i capelli aggiungendo "Mi sento tanto sola..."
La spingo via.
"Stammi alla larga. Non voglio niente che non siano stelline sonanti."
Lei continua a fissarmi, stavolta con occhi amareggiati per aver fallito il suo giochetto. "Cos'hai?" mi chiede, sbrigativa, risistemandosi il grembiule.
Io svuoto le tasche, senza aggiungere parola.
Alpaca appare inizialmente stupita. Poi, il suo malizioso sorrisetto si apre nuovamente.
"Allora non sei il santerellino che vuoi tanto sembrare, eh?"

L'alba arriva presto.
Attendo l'apertura dell'ufficio postale, e sgattaiolo dentro in tutta fretta. Prima che l'impiegata possa fare domande, verso tutta la mostruosa cifra di stelline sul conto di Nook.
Esco ancora più velocemente di quanto sia entrato. La brezza mattutina mi rinfresca e mi invita a prendere un profondo respiro.
Ancora stento a crederci. Il mio debito è sanato.
Ho dovuto cedere di nuovo al contrabbando illegale di insetti rari.
Ma è fatta. Sono libero.

Resto in giro ad osservare la mia città prendere vita. Saluto cordialmente chiunque mi capiti davanti, finalmente col cuore leggero.
Faccio il giro di ogni angolo della mia amata città. Il molo, la spiaggia, il parco, la caffetteria, il viale dei negozi, il museo, il municipio, la piazza...
La piazza è occupata. Sta succedendo qualcosa.
Mi avvicino per vedere meglio.
Non credo ai miei occhi.
"Salve cugino! Sto allestendo la mostra, ti aspetto appena avrò aperto!"
È tornato.
È qui.
Volpolo. Il falsario più sfuggente mai visto prima, è di nuovo qui, nella mia città. Ha il coraggio di farsi rivedere, dopo avermi scucito diverse migliaia di stelline con le sue patacche.
Sento il sangue che ribolle in tutto il mio corpo. Quel truffatore è stato una delle cause che mi ha quasi spedito sul lastrico.
Tento in tutti i modi di trattenere il tremolio della mia voce carica di collera mentre gli rispondo "Sicuro. Ripasso più tardi."
Corro a casa.
Entro di corsa e apro il mio armadio.
Prendo l'ascia.
Non ha senso infrangere certe regole e rispettarne altre.
Ho sacrificato molto per benessere mio e della mia città. Tanto vale sacrificare tutto.
Appena fuori dalla porta incontro la mia segretaria.
"Buongiorno sindaco! Come va oggi?"
Non la guardo nemmeno in volto. Sorrido senza volere.
"Benissimo. Tra poco sarà tutto perfetto."

Fine