Era certo che un altro colpo gli sarebbe costato un molare. E puntualmente, il colpo arrivò.
Lo stavano pestando da ore. Dall'ultima visita del Magistrato, due soldati erano passati più volte a prenderlo e lo avevano trascinato in un'altra stanza, circondata da specchi, arredata solo con una sedia. Una volta scaricato su di essa, Lio non aveva altra scelta che ricevere le nocche di entrambi in faccia.
Sembravano divertirsi un mondo. Era la terza volta che lo sottoponevano al brutale pestaggio, ma questa volta, tra un pugno e l'altro, si fermavano per fare anche delle domande.
“Da quanto tempo eri su Nidhogg?” pugno alla guancia sinistra.
“Cosa hai imparato sull'Hub?” diretto all'occhio.
“Sei in grado di produrlo?” montante al mento.
Lio sopportava senza fiatare. Aveva passato metà della sua vita su Nidhogg, e durante la sua permanenza era rimasto coinvolto in innumerevoli risse con altri clan. I colpi dei due aguzzini erano semplici carezze.
Continuarono a picchiarlo e a fare domande ancora per un po', dopodiché, vedendo che il loro prigioniero non aveva intenzione di collaborare, lo trascinarono e lo buttarono nella sua cella senza tante cerimonie.
Non appena se ne furono andati, Lio, da sdraiato sul freddo pavimento, lentamente si girò e si sedette appoggiando la schiena alla parete. Aveva dolori ovunque, un forte sapore di sangue in bocca e il respiro era affaticato.
“Devo resistere ancora un po', prima o poi troverò i modo di uscire di qui...” pensò tra sè, esausto. “Poi troverò il magistrato, e poi...poi...”
Lio sopportava senza fiatare. Aveva passato metà della sua vita su Nidhogg, e durante la sua permanenza era rimasto coinvolto in innumerevoli risse con altri clan. I colpi dei due aguzzini erano semplici carezze.
Continuarono a picchiarlo e a fare domande ancora per un po', dopodiché, vedendo che il loro prigioniero non aveva intenzione di collaborare, lo trascinarono e lo buttarono nella sua cella senza tante cerimonie.
Non appena se ne furono andati, Lio, da sdraiato sul freddo pavimento, lentamente si girò e si sedette appoggiando la schiena alla parete. Aveva dolori ovunque, un forte sapore di sangue in bocca e il respiro era affaticato.
“Devo resistere ancora un po', prima o poi troverò i modo di uscire di qui...” pensò tra sè, esausto. “Poi troverò il magistrato, e poi...poi...”
Si svegliò di soprassalto.
Era su una brandina. La cosa lo stupì, non c'erano brandine nella sua cella.
Guardandosi intorno, però, Lio intuì che non si trovava in una cella: era dentro l'abitazione del King, sul tetto del quartier generale di West Braxis.
Lio era confuso. Si tastò la faccia, ma la trovò intonsa, nessun livido o contusione lasciata dai pugni. Non aveva più manette, ed indossava una comoda tuta.
Si alzò di scatto dalla brandina e guardò fuori dalla finestra. Nebbia. La ben nota, monotona, tossica nebbia verde.
“Sono a casa” si stupì Lio ad alta voce “Ma come è possibile?...”
“Ma che fai, parli da solo?” domandò una voce alle sue spalle.
Lio si girò: Zero era lì.
“Zero?” chiese Lio, con un filo di voce.
“Sono io” rispose il ragazzo, con aria sorpresa “non mi riconosci più?”
Lio si precipitò verso di lui e lo abbracciò.
“Oooooooh ok, questo sì che è imbarazzante...” disse il ragazzo divincolandosi.
“Dove sono gli altri?” chiese Lio agitato “Dove sono finiti i marine? Come sei sopravvissuto?”
“Ma di che diavolo stai parlando?” si stranì Zero, evidentemente confuso.
“Hanno attaccato West Braxis Zero! Sono arrivati dal cielo, hanno iniziato a sparare e hanno...” Lio si interruppe “...hanno distrutto il quartier generale...”
Ma lui in quel momento si trovava nel quartier generale. Come era possibile?
La radio nell'angolo della stanza squillò.
Lio si precipitò a rispondere: “Chi è?”
“Qui parla stazione di guardia sull'ingresso est-centrale” gli rispose la radio “Qui...sta succedendo qualcosa...”
Lio rimase senza fiato “Cosa?”
“Si vedono delle grandi fiamme blu, oltre le nuvole. Sembrano dei reattori...non si tratta di normali moduli di trasporto dei prigionieri, o di una qualche nave ministeriale.
“Sono tanti...”
“No” rabbrividì Lio “Non di nuovo, non di nuovo!”
Istintivamente settò la radio in modo da comunicare con l'intera rete del clan. “Scappate!” urlò “Dovete scappare! Nascondervi! SCAPPATE O MORIRETE TUTTI!”
Un tonfo lo interruppe. Lio si girò e vide che Zero era caduto a terra.
“Zero?” chiese avvicinandosi “Zero, che succede?”
Zero era immobile, con gli occhi sgranati. Il corpo crivellato, in una pozza di sangue che si allargava lentamente.
“Oh no...” mormorò Lio in un soffio “No ti prego non di nuovo!”
Lio si gettò sul corpo morto, e, in lacrime, iniziò ad agitarlo.
“Cazzo Zero non farmi questo! Ti prego! TI PREGO NON LASCIARMI DA SOLO!”
Lio scattò a sedere. Era nella cella dell'astronave, ammanettato e a petto nudo.
Una lacrima stava scendendo sulla sua guancia, o forse era una goccia di sangue partita dalla ferita che aveva sulla tempia.
Lio si guardò attorno: Zero non c'era. Non era lì, non era morto...no, ERA morto, ma non lì...
Lio era confuso. Qualcosa non andava. Le ombre negli angoli della cella stavano ondeggiando.
Da quanto tempo era stato imprigionato? Giorni? Dalla visita del magistrato non aveva chiuso occhio, era impossibile calcolare il tempo.
Le ombre cominciavano ad avanzare.
Tentò di schiarirsi le idee e di fare un respiro profondo; non ci riuscì. Respirare faceva male, era come avere un mattone sullo sterno. Lo avevano pestato più forte di quanto credesse, oppure...
Le ombre ormai gli erano addosso.
Strisciò all'indietro fino alla porta. Qualsiasi cosa stesse succedendo nella sua testa, non era reale. Anche se era dannatamente spaventoso.
Le ombre iniziarono a roteare assumendo l'aspetto di un vortice.
Lio serrò gli occhi ed urlò, mentre la tempesta di ombre si scatenava su di lui.
“HUB!” gridò “MI SERVE HUB!”
Riaprì gli occhi. Tutto era tornato alla normalità.
Lio si abbandonò contro la porta della cella, scosso; stava sudando copiosamente, e continuava a respirare a fatica.
Un'ombra volò sulle sue gambe, facendolo sobbalzare. Sembrava essere proiettata dall'esterno, attraverso i due triangoli di vetro nella porta scorrevole.
Lio si impegnò con tutto se stesso per alzarsi e guardare all'esterno, aiutandosi con le spalle e con la testa contro la porta. Quando finalmente arrivò alla finestrella guardò fuori. Ma non vide nulla.
“Mi si sta fottendo la testa...” disse, barcollando. Le gambe gli tremavano, e infine cedettero facendolo crollare a terra.
Completamente abbandonato dalle sue forze, perse i sensi.