Lio stava riguadagnando forze ogni momento.
Da quando gli aveva portato il primo pasto e la prima dose, il marine che fino a poco tempo prima veniva a prenderlo per pestarlo quotidianamente, ora portava una porzione di zuppa tre volte al giorno. Erano stati portati pure un letto e un wc chimico; per quanto la cella fosse sempre la stessa piccola stanza di freddo metallo, senza finestre oltre agli spiragli di vetro sulle porte scorrevoli, la permanenza era divenuta più confortevole, seppure di poco.
Le visite periodiche del marine avevano permesso a Lio di riacquistare la cognizione del tempo: colazione, pranzo, cena, seguiti da una lunga pausa, poi di nuovo colazione, pranzo e cena. Era ipotizzabile che prima i pestaggi avvenissero una volta al giorno, ma Lio non avrebbe saputo dirlo con certezza. Oltre alla confusione portata dall'astinenza, la sua percezione di giorno era molto cambiata durante i suoi anni permanenza su Nidhogg; infatti sul nebbioso pianeta la notte e il dì erano molto lunghi, il che comportava un'attività sfasata, con pasti notturni o riposi mattutini alternati in modo completamente casuale.
Il primo giorno di detenzione Lio lo passò leccandosi le ferite: non appena gli fu portato il letto, si abbandonò su di esso e lì rimase per molte ore, attendendo che i dolori dei pestaggi precedenti se ne andassero gradualmente. Ogni volta che riceveva la visita del marine, i due si guardavano severamente per qualche istante, poi il soldato posava il solito vassoio a terra e portava via quello utilizzato durante il pasto precedente, per poi andarsene. Solo allora Lio si alzava zoppicando e consumava il suo pasto.
La zuppa era ogni volta più disgustosa: una sorta di sbobba con retrogusto di carne e verdure miste, dalla consistenza granulosa. Sembrava che prendessero tutti gli avanzi dei pasti, li frullassero insieme e li servissero così come venivano.
Lio non gradiva, ma mandava giù tutto senza fare troppe storie. Era stanco di essere debole e malandato, per cui doveva fare affidamento su tutto il nutrimento su cui poteva mettere le mani.
Il secondo giorno, a cena, gli portarono una seconda dose di Hub.
Lio valutò con attenzione sia quella che tutte le altre che aveva a disposizione, che teneva legate addosso con una striscia ricavata dal lenzuolo. Erano tra le peggiori dosi che avesse mai visto: non filtrate, piene di corpuscoli e addirittura con palesi tracce di acqua. Erano a malapena in grado di placare l'astinenza da Hub ben fatto.
Quelle dosi aprivano a tutta una serie di quesiti: come riuscivano a produrre Hub? Da dove prendevano la materia prima? E a cosa diavolo poteva servirgli?
Ciò che tuttavia era palese, era il motivo per cui Lio era stato risparmiato e rapito durante l'attacco a Nidhogg: quelle dosi erano decisamente scadenti, perciò avevano bisogno di qualcuno esperto nella sintetizzazione dell'Hub, qualcuno che lo produceva da tempo e che riusciva a farlo al meglio. Con grande rammarico, Lio dovette ammettere che avevano trovato l'uomo giusto.
Ad avvalorare ancora di più questa ipotesi c'erano anche le domande protratte dagli aguzzini a Lio durante i pestaggi.
“Da quanto tempo eri su Nidhogg? Cosa sai sull'Hub? Sei in grado di produrlo?”
Lio aveva passato più di quindici anni su Nidhogg. Aveva trascorso metà della sua vita lì, e aveva imparato praticamente tutto quello che sapeva da Parcox e dai sui compagni. Aveva passato tutta la sua permanenza in quella landa nebbiosa a raccogliere muffa e trasformarla in Hub, prima di diventare King e gestire gli affari che ruotavano intorno alla medesima droga: probabilmente era il più esperto preparatore di Hub dai tempi del suo creatore. Per questo era ancora vivo.
Il terzo giorno Lio era sufficientemente in forze da alzarsi e camminare, anche se una corsa lo avrebbe messo probabilmente k.o.
Il marine passò come al solito, portò la colazione e si prese ciò che restava della cena. Non appena le porte si chiusero, Lio si avvicinò al vetro sulla porta e sbirciò di fuori: il marine andò verso destra poi entrò nel primo corridoio alla sua sinistra. Lio ingurgitò velocemente il pasto, poi si ripiazzò alla finestrella per osservare ogni minimo spostamento.
Per ore, non passò anima viva.
Solo quando arrivò l'ora di pranzo Lio riuscì a scorgere dei movimenti: il marine comparve dal corridoio, portando un vassoio munito di ciotola e bicchiere. Lio fece per indietreggiare, aspettandosi che il marine venisse a portargli la nuova porzione.
Così non fu.
Il soldato girò poco prima di raggiungere la sua stanza, e aprì una porta al di fuori del raggio visivo di Lio, ma che doveva trovarsi immediatamente accanto alla sua.
Lio rifletté: doveva esserci un'altra cella...e in essa un altro prigioniero. Forse la misteriosa benefattrice che gli aveva donato delle dosi extra era proprio a due passi da lui.
Mentre Lio faceva la sue considerazioni, il soldato era uscito ed aveva portato il vassoio vuoto nel corridoio, risbucando un istante dopo con un vassoio pieno. Raggiunse la porta della cella di Lio e l'aprì.
Il marine parve quasi sorpreso nel vedere l'occupante della cella in piedi dietro la porta, ad attenderlo. Lio lo scrutò dalla testa ai pedi, senza arretrare: quell'uomo era enorme, più alto di lui e largo almeno il doppio. Il soldato non perse tempo: spintonò indietro Lio, posò il vassoio nuovo e raccolse il vecchio, per poi chiudere nuovamente le porte ed andarsene.
“Gentilissimo” pensò Lio tra sé. Mangiò, poi riprese a spiare oltre la porta: se voleva fare qualcosa, qualunque cosa, aveva bisogno di ogni informazione possibile di ciò che lo attendeva fuori dalla cella.
Non accadde nulla fino all'ora di cena. Di nuovo, il marine servì il pasto nella cella vicina, poi in quella di Lio. Quella sera, niente dessert di Hub.
Lio attese ancora molto tempo, ma tutto ciò che avvenne nel dopocena fu un abbassamento delle luci, che andavano ad indicare il periodo di riposo. Sentendo il sonno progressivamente avanzare, si diresse verso il letto.
Si sedette, e per qualche attimo rimase con le mani davanti agli occhi. Avrebbe voluto pensare a qualcosa, ma cosa poteva fare? Fino a quel momento, tutto ciò che aveva appreso era che, se mai fosse uscito da quella cella, girando a destra e poi a sinistra sarebbe andato verso le cucine. E non ne era neppure del tutto sicuro.
Il primo scoglio da superare era la porta: come fare per aprirla? Avrebbe potuto provare a stendere il marine alla sua prossima visita, ma sarebbe stata un'impresa impossibile date le dimensioni di quel bestione.
Mentre rimuginava, sentì un ticchettio al di fuori della sua cella.
Immediatamente balzò in piedi e si precipitò a guardare cosa stesse succedendo.
Era lei.
La ragazza che gli aveva portato l'Hub ora stava armeggiando con la serratura della cella di Lio, nel tentativo di aprirla.
“Ehi! EHI!” richiamò la sua attenzione Lio, battendo i pugni sul vetro.
La donna fece un balzo all'indietro, colta di sorpresa. Era una ragazza abbastanza giovane, estremamente magra e dai lineamenti appuntiti. I capelli erano rasati estremamente corti.
“Sei pazzo? Non fare rumore o ci scopriranno!” lo rimproverò lei. Il suono della sua voce giungeva ovattato attraverso il vetro.
Lio era troppo agitato per starla a sentire “Liberami! Presto! Se sai come fare, tirami fuori di qui!”
“Non posso ora!” rispose lei, guardandosi le spalle “ogni tanto passano facendo turni di guardia, se perdo altro tempo qui finiremo entrambi nei guai.”
Si rivolse nuovamente a lui “Come stai? Ti sei ripreso? Ti servono altre dosi?”
“No...no, loro continuano a darmi quelle di cui ho bisogno. Ma come hai fatto a prenderle?”
“Posso entrare e uscire dove e come voglio” rispose lei, senza smettere di guardarsi prudentemente attorno “Sai cosa vogliono da te?”
“No” rispose Lio.
“Allora, finché non lo hai scoperto, tu non mi hai visto” riprese lei “ora è meglio che me ne torni in cella. Tu non mi hai mai visto, intesi?”
Lio esitò prima di annuire, confuso. Prima che lei sparisse nella sua cella chiese “Ma chi sei tu?”
“Non te lo dirò, e nemmeno voglio sapere chi sei tu. Tutto ciò che conta è che se mi aiuterai, potremo entrambi fuggire da qui.”
Gli eventi della sera prima avevano agitato Lio, che dormì appena durante la notte successiva. Quando arrivò il marine con la colazione, era ben sveglio.
“Quanto ti pagano per farmi da cameriera?” gli chiese mentre usciva. Il soldato si immobilizzò per un paio di secondi, poi chiuse la porta stizzito. Lio sorrise al pensiero di averlo irritato.
Approfittò di quella giornata per rimettersi in forma: occupò le ore tra un pasto e l'altro facendo addominali, piegamenti e tirando pugni all'aria. Il corpo rispose bene agli sforzi, segno che ormai era completamente rimesso dall'astinenza.
Seguì l'ora di pranzo, e poi quella della cena, stavolta accompagnata da una dose.
“Non sono stupidi” pensò Lio “Sanno che una dose un giorno sì e uno no è più che sufficiente.”
Si sdraiò sul letto e si iniettò l'Hub in vena. La dose di seconda scelta lo lasciò perfettamente indifferente, nemmeno paragonabile ad una dose di vero Hub.
Lio gettò via la siringa e si girò su un fianco, rivolgendosi alla parete metallica. Pensò che la ragazza che lo aveva aiutato si trovava proprio dall'altra parte.
Provò a bussare.
TOC TOC.
Il rumore risuonò per tutta la cella, trasportato dal metallo.
Poco dopo, giunse una risposta.
TOC TOC.
Non aveva alcun significato, ma era già qualcosa.
“Il nemico del mio nemico è mio alleato” mormorò Lio “e per uscire di qui mi servirà tutto l'aiuto possibile. Vedi di essermi utile.”
Stanco per gli esercizi svolti durante il giorno, Lio si assopì.
Fu un sonno agitato.
Di nuovo gli incubi di Nidhogg tornarono a tormentarlo.
La nebbia.
Zero entrava senza bussare.
La radio squittiva.
Lio rispondeva.
“Sono tanti...”
Fu svegliato di soprassalto dalle porte della cella che si aprivano.
Il marine si trovava lì fuori, ma stavolta non aveva alcun vassoio con sé. Nelle mani stringeva una maglietta grigia e un paio di manette.
“Alzati” intimò il soldato, lanciando la maglietta addosso a Lio “E vestiti. Veloce.”
Lio infilò la maglietta. Nonostante fosse di un paio di taglie più grande, era felice di avere finalmente addosso qualcosa oltre ai pantaloni.
Il soldato lo strattonò per un braccio poi gli ammanettò i polsi, con le mani avanti.
"Ti faccio paura eh?" lo canzonò Lio.
Il marine rispose con un pugno nell'addome.
Lio serrò gli occhi, dolente, stringendosi tra le braccia.
"Guardami in faccia, sacco di merda" intimò il marine, afferrandogli il mento "dammi un pretesto e ti rompo tutte le ossa. Tieni sigillata quella fogna in mia presenza, chiaro?"
Lio preferì non sfidare ancora la sorte, quindi non rispose.
Spintonato dal suo aguzzino, venne portato fuori dalla cella verso una destinazione a lui ignota: si impegnò per memorizzare quanto più possibile tutto ciò che vedeva e che potesse essergli utile per tentare di evadere, ma le porte intorno a lui sembravano tutte uguali.
Giunsero davanti ad una porta chiusa alla fine di un corridoio; il marine inserì la scheda che aveva al collo nel pannello a lato, poi premette il pulsante di apertura.
Non appena la porta si aprì, Lio fu spinto dentro con una tale violenza da cadere sbattendo la faccia a terra.
"Da oggi lui ti aiuterà" sbraitò il marine "mettetevi al lavoro!" Quindi richiuse le porte.
Lio scosse la testa e si rialzò: si trovava in un laboratorio, fornito di tutti gli strumenti possibili. Davanti ad un banco da lavoro, di spalle rispetto a Lio, si trovava un uomo in camice.
"Che bello! Finalmente un po' di compagnia!" esclamò l'uomo. Dalla voce sembrava essere un arzillo vecchietto.
Quando si voltò, mostrò a Lio il suo volto: era completamente pelato, indossava un paio di occhiali sgangherati, e la bocca era contornata da sparuti peli bianchi, in quello che sembrava essere un pessimo tentativo di pizzetto. Il sorriso ambiguo mostrava diversi denti mancanti.
"Piacere di conoscerti" disse il vecchio "io sono Derek l'Alchimista."
Grandi ritorni dal passato!
Come sempre, leggete, condividete e fatemi sapere!
#WelcomeToNidhogg

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