lunedì 9 giugno 2014

5. Fuoco



I marine buttarono il prigioniero sulla sedia nella sala dell'interrogatorio. Lio non ebbe la forza di reggersi, e caracollò a terra.
“Resta su, sacco di merda!” intimò uno dei due aguzzini, che lo prese e lo rimise seduto, sottolineando il concetto con un manrovescio.
Lio sentì il sapore di sangue riempirgli la bocca; al primo colpo si era già spaccato il labbro, e ciò era un pessimo inizio. Non avrebbe retto a lungo.
I due marine iniziarono le sevizie, incuranti dello stato precario in cui versava la loro vittima.
“Inizia a cantare, figlio di puttana. Quanto tempo hai passato su Nidhogg?”
Di norma, Lio avrebbe stretto i denti, teso i muscoli e trattenuto il fiato prima di ricevere ogni singolo colpo. Ma nello stato in cui si trovava, era un miracolo che riuscisse a rimanere cosciente.
“Cosa sai sull'Hub? Sei in grado di produrlo?”
Continuarono a picchiarlo e a urlargli domande. I pugni sembravano dieci volte più duri dall'ultima volta.
Lio perse nuovamente l'equilibrio e cadde dopo un forte colpo in faccia. Serrò gli occhi cercando di ricacciare il dolore, mentre dal suo naso cominciava a sgorgare un fiume di sangue.
“Ti ho detto che devi restare su!” sbraitò uno dei marine. Lo raccolse da terra e lo rimise sulla sedia, tenendolo in equilibro con una mano alla gola.
Lio ero completamente stordito. La sua testa ciondolava, presto avrebbe perso di nuovo i sensi.
“Ehi, puttanella! Apri quegli occhi!” lo scosse il marine.
Lio rinvenne brevemente, mettendo a fuoco ciò che aveva davanti a sé.
Vide quella che sembrava la lampada sul soffitto della stanza.
Ma la lampada non era così luminosa poco fa. Quella palla bianca emanava una luce molto più forte.
Sempre più forte.
In pochi secondi divenne incandescente.
Lio deglutì, spaventato.
La fonte di luce era caldissima.
Lio iniziò a sudare.
La temperatura ormai era talmente alta che il soffitto cominciava a creparsi.
Ma quei due scimmioni non se ne erano accorti?
La palla di fuoco stava vibrando.
“VIA! VIA PRIMA CHE...”
Una lingua di fuoco schizzò fuori dal bozzolo rovente, e andò a colpire Lio in pieno volto.
Il dolore più grande mai provato.
Lio urlò fino a strapparsi l'anima dai polmoni, mentre le fiamme gli cuocevano la pelle e facevano bollire il sangue.
Scalciò e si divincolò, finché la sedia non cadde all'indietro e lui non rotolò a terra.
Non aveva più la faccia.
Iniziò a rotolare su se stesso, urlando e gemendo, nel tentativo di spegnere le fiamme sul suo volto.
Il pavimento metallico era quanto di più freddo potesse usare per avere sollievo. Spalmò la faccia a terra, alternando le guance. Serrò gli occhi più che poté quando sentì che la carne cotta si stava staccando.
Si rannicchiò in un angolo, tremando.
“F-Fil” balbettò “Fil, quanto cazzo fa male...”
“È andato.” commentò qualcuno nella stanza.
Lio si girò: i marine erano ancora lì a guardarlo. La lampada sul soffitto era perfettamente al suo posto, e il soffitto non aveva alcuna crepa. Il volto faceva male, ma per i pugni che aveva subito fino a poco prima, non per una scottatura.
Uno dei due energumeni uscì. Lio sentì i suoi passi rimbombargli in testa, ed infine lo sentì parlare con qualcuno, al di là dello specchio che aveva alle spalle.
“Signore, il prigioniero vaneggia. Mi sa che sta tirando le cuoia.”
“Non è un'opzione che sono disposto a valutare. Riportatelo nella sua cella e fornitegli il necessario per rifocillarsi.”
“Come? Vuole sprecare...”
“Sta forse discutendo un mio ordine, caporale?”
“No, signore...”
“Bene, perché questo non è l'esercito, e io non tollero insubordinazioni. È evidente che la forza non serve per far collaborare il nostro uomo, quindi i vostri incentivi fisici d'ora in avanti verranno sospesi.”
“Signore, con tutto il dovuto rispetto...”
“Non ho fatto tutta questa strada per imprigionare quel topo di fogna solo per vederlo poi massacrato da voi marine! Ora, caporale, riporterà quel che rimane del soggetto nella sua cella, e lo rifornirà di tutto ciò di cui potrebbe avere bisogno. E intendo dire TUTTO. Se dovesse morire la riterrò personalmente responsabile. Mi ha capito?”
“Sì, signore.”
“E allora si dia da fare.”

Un battito di ciglia più tardi, Lio era sdraiato sul pavimento della sua cella. Era svenuto di nuovo, mentre lo trasportavano lì. Non aveva più le manette, ma i muscoli erano talmente rattrappiti da farlo sentire legato dalla testa ai piedi.
Lio non capiva cosa stesse succedendo e perché, tutto ciò che sapeva era che il suo fisico non avrebbe retto ancora a lungo. Che ne sarebbe stato della sua missione, se fosse morto? Tutto sarebbe andato perso per nulla. Nessuno avrebbe fatto giustizia ai suoi fratelli morti.
No, doveva tenere duro. Doveva resistere, doveva...
Le porte della cella si aprirono.
Lio non riuscì a vedere bene chi stesse entrando, la sua vista era offuscata e i suoi occhi erano gonfi per la debolezza ed il pestaggio.
Tutto ciò che riuscì a distinguere fu il vassoio che il visitatore teneva in mano. L'uomo si avvicinò, lo posò a terra davanti a lui, e così come era arrivato se ne andò, chiudendo le porte.
Lio osservò stancamente ciò che gli avevano portato; una ciotola piena di una qualche crema scura e un bicchiere di plastica dura pieno d'acqua.
E una siringa.
Lio sgranò gli occhi. Immediatamente si trascinò con tutta la forza che gli era rimasta e afferrò il piccolo flacone; non c'erano dubbi, per quanto fosse torbo e mal realizzato, quello era Hub.
Tese il braccio sinistro e conficcò l'ago nella vena ancora prima di poter solo pensare che si potesse trattare di una qualche trappola.
L'effetto fu veloce. Il tempo di pochi battiti cardiaci, e tutto il corpo di Lio tornò a prendere vigore.
Inspirò a pieni polmoni. Era bello come se non lo avesse mai fatto prima.

Provò ad alzarsi in piedi, ma non ci riuscì. Era evidente che si trattasse di una dose mal prodotta, in quanto gli effetti benefici dell'Hub erano immediati e totali: invece i muscoli di Lio risentivano ancora dell'astinenza, e anche gli occhi vedevano tutto sfuocato e annebbiato.
Improvvisamente, si rese conto del vuoto che aveva allo stomaco. L'ultima volta che aveva mangiato, si trovava ancora su Nidhogg.
Si avventò sulla ciotola, che conteneva una qualche specie di denso frullato. Lo ingurgitò senza troppe cerimonie; il sapore non era dei migliori, ma la fame non lasciava tempo ai gusti.
Lio deglutiva così rumorosamente che non si accorse del rumore delle porte che si aprivano; per questo balzò all'indietro quando, abbassando la ciotola, vide una persona accovacciata davanti a lui.
Veloce come una faina, l'intruso si svuotò le tasche, lasciando quattro siringhe piene di Hub sul vassoio.
“Nascondile, non ho potuto prenderne altre. Tienile strette, mi servi sveglio.”
E, altrettanto velocemente, sparì, chiudendosi la porta dietro.
Lio era talmente sorpreso da aver tenuto la bocca spalancata per tutto il tempo della visita.
Gli occhi annebbiati gli avevano impedito di vedere chi fosse.
La voce, tuttavia, era chiaramente femminile.

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