lunedì 1 settembre 2014

#RandomMadness - Animal Life

Mi sveglio.
Sono sul mio divano. Non ricordo di essermi addormentato. La mia bocca è pervasa dal gusto amaro del caffè, che non è bastato a tenermi vigile.
Mi alzo. Addormentarmi è stata una pessima idea. Non ho il tempo di dormire, devo raccogliere...
Bussano.
Ci siamo.
Spero che non sia lui fino all'ultimo secondo, fino all'ultimo momento in cui la porta mi nasconde dalla sua vista. Ma in cuor mio so che è lui. E infatti è così.
“Sei in ritardo. Puoi pagarmi oggi?”
Quella voce stridula, quel pelo marrone, quella coda a strisce, quella bocca bavosa da cui sporgono le tue zanne da mangiatore di carogne, quella mascherina tatuata sui tuoi occhi che urla al mondo il ladro che sei. Inconfondibile. Ti odio, Nook.
“N-Non posso...” balbetto. Sono stordito. Ma che ora ho fatto ieri notte?
“Lo immaginavo” commenta lui, deridendomi. L'ondata di rabbia mi rende un po' più lucido. “Sentiamo, che scusa hai questa volta?”
“La solita di sempre, maledetto strozzino. Le stelline non crescono sugli alberi, e mi ci vuole tempo per raccogliere una cifra così esosa.”
“Quanta rabbia” sembra che si stia divertendo un mondo “se non puoi adempiere al tuo debito non è certo un problema mio. Potrei confiscare i tuoi averi, ma sarò magnanimo” si volta e si avvia lungo il vialetto. Sospiro. Anche oggi l'ho scampata.
“Ti do ancora una settimana di tempo per farmi avere le 600'000 stelline che mi devi.”
Sono abbastanza sicuro che il mio cuore abbia smesso di battere. Mi aggrappo alla porta per non cadere.
“M-ma fino a ieri erano 400'000!” riesco a balbettare.
“Davvero? Eppure il contratto parla chiaro” risponde lui, facendo il finto tonto. Non so se scoppiare in lacrime o lanciargli le mani alla gola. Mi guarda rivolgendomi un sorriso maligno. Dall'angolo della sua sporca bocca cola giù un filo di bava. Disgustoso.
“Mi spiace andarmene subito, ma ho molti altri impegni che mi attendono. Cerca di non deludermi stavolta.”

Mi prendo il resto della mattinata per riflettere. Come diavolo ho fatto a ridurmi così? Devo essere il sindaco più sfigato della storia.
Cammino per la mia città. I miei cittadini non sospettano niente, e mi salutano cordialmente.
“Grazie e buongiorno anche a te!” dico.
'Datemi un po' di soldi invece dei vostri soliti abiti usati e inguardabili' penso.
Evito di trattarli troppo male, non se lo meritano. Non tutti almeno.
La mia città è bellissima. Le fontane, le panchine, i lampioni, le strade pulite. Mi sono impegnato al massimo per realizzare qualcosa di bello. Ma quell'impegno mi ha accecato, e non ho visto il dramma che mi si parava alle spalle.
Scendo in spiaggia. Il mare è calmo e limpido. Quasi preferirei che scoppiasse un temporale, sarebbe più adatto al mio umore.
Fisso l'orizzonte in lontananza. Laggiù, oltre la vista, c'è l'arcipelago...
“No. Ho detto basta, e allora basta.”
Ma so che lo farò di nuovo. So che ho BISOGNO di farlo di nuovo.

Il cielo è ormai a tinte rosse.
Lascio tutte le mie cose in casa. Esco, chiudo la porta e mi avvio verso il molo. Faccio molta attenzione, non voglio essere visto mentre ricado di nuovo nel tunnel.
Raggiungo il molo. La barchetta a motore è lì ad attendermi.
“Sei pronto per partire, gamberetto?” mi chiede il vecchio al timone.
“Ti ho detto di smetterla di chiamarmi così” gli ripeto per l'ennesima volta, saltando a bordo.
Il viaggio non è lungo, ma la compagnia lo rende una autentica tortura.
“AMAAAR VUOL DIIIIIR, NON DIRLE MAI CHE HAAAA, TRA I SUOI DENTIIII, SPI-NA-CI A VOLONTÀÀÀÀÀÀÀÀÀ!”
Questo vecchio non fa altro che berciare frasi senza senso, credendo di cantare. Ma è pur sempre meglio quando dà aria alla bocca, piuttosto di quando lo fa da altri orifizi.
“Eccoci arrivati” esulta sorridendo.
Scendo dalla barca ancora prima che si fermi. Non ho tempo da perdere.
Supero di corsa il centro accoglienza ed esco dall'altro lato.
L'isola è deserta, solo il rumore delle onde e qualche debole ronzio. Perfetto.
Mi procuro un retino a noleggio dal piccolo venditore epilettico all'angolo del locale. È troppo impegnato ad agitarsi per far caso a me.
Potrò lavorare indisturbato per tutta la notte.

Il ritorno a casa è più tranquillo. Il vecchio marinaio pazzo continua a cantare e non guarda il carico contenuto nella cesta.
Arriviamo al molo in piena notte.
Sono talmente nervoso che il mio stomaco minaccia di aprirsi da un momento all'altro. Eppure, riesco a provare anche brividi di eccitazione.
Recupero il carico e mi avvio correndo verso il negozietto dall'altra parte della città. Le tinte rosa confetto delle pareti nascondono perfettamente la vera natura dei quell'edificio.
Sbircio dalla finestrella a forma di cuore al centro della porta: nessuno in vista. Apro, entro in fretta e chiudo la porta prima che il campanello automatico attiri attenzioni indesiderate.
L'ambiente all'interno è una perfetta commistione di ordine e caos: dentro a larghi soppalchi quadrati di legno blu che dividono il negozio in corridoi dritti e precisi. Si trovano ammucchiati malamente i più svariati oggetti di ogni forma e dimensione. Indumenti, ossa fossili, strumenti musicali, carta da parati, mobili, minerali preziosi...montagne su montagne di roba ammassata senza soluzione di continuità.
Pochi istanti dopo il mio ingresso, qualcuno appare da dietro uno di questi mucchi di ciarpame. Mi guarda e mi sorride maliziosamente.
"Molto bene... un cliente. Benvenuto."
"Non prendermi in giro Alpaca. Non sono qui per comprare."
Lei sghignazza. Qualcuno impazzirebbe per il suo morbido pelo rosa e la sua aria innocente all'inverosimile. Io no.
Lei non si scompone davanti alla mia espressione granitica. Anzi, sembra divertirsi.
"Ehi" sussurra, avvicinandosi "mio marito si è addormentato di nuovo sul lavoro. Puoi sentirlo russare da qui." Mi fissa negli occhi e mi accarezza i capelli aggiungendo "Mi sento tanto sola..."
La spingo via.
"Stammi alla larga. Non voglio niente che non siano stelline sonanti."
Lei continua a fissarmi, stavolta con occhi amareggiati per aver fallito il suo giochetto. "Cos'hai?" mi chiede, sbrigativa, risistemandosi il grembiule.
Io svuoto le tasche, senza aggiungere parola.
Alpaca appare inizialmente stupita. Poi, il suo malizioso sorrisetto si apre nuovamente.
"Allora non sei il santerellino che vuoi tanto sembrare, eh?"

L'alba arriva presto.
Attendo l'apertura dell'ufficio postale, e sgattaiolo dentro in tutta fretta. Prima che l'impiegata possa fare domande, verso tutta la mostruosa cifra di stelline sul conto di Nook.
Esco ancora più velocemente di quanto sia entrato. La brezza mattutina mi rinfresca e mi invita a prendere un profondo respiro.
Ancora stento a crederci. Il mio debito è sanato.
Ho dovuto cedere di nuovo al contrabbando illegale di insetti rari.
Ma è fatta. Sono libero.

Resto in giro ad osservare la mia città prendere vita. Saluto cordialmente chiunque mi capiti davanti, finalmente col cuore leggero.
Faccio il giro di ogni angolo della mia amata città. Il molo, la spiaggia, il parco, la caffetteria, il viale dei negozi, il museo, il municipio, la piazza...
La piazza è occupata. Sta succedendo qualcosa.
Mi avvicino per vedere meglio.
Non credo ai miei occhi.
"Salve cugino! Sto allestendo la mostra, ti aspetto appena avrò aperto!"
È tornato.
È qui.
Volpolo. Il falsario più sfuggente mai visto prima, è di nuovo qui, nella mia città. Ha il coraggio di farsi rivedere, dopo avermi scucito diverse migliaia di stelline con le sue patacche.
Sento il sangue che ribolle in tutto il mio corpo. Quel truffatore è stato una delle cause che mi ha quasi spedito sul lastrico.
Tento in tutti i modi di trattenere il tremolio della mia voce carica di collera mentre gli rispondo "Sicuro. Ripasso più tardi."
Corro a casa.
Entro di corsa e apro il mio armadio.
Prendo l'ascia.
Non ha senso infrangere certe regole e rispettarne altre.
Ho sacrificato molto per benessere mio e della mia città. Tanto vale sacrificare tutto.
Appena fuori dalla porta incontro la mia segretaria.
"Buongiorno sindaco! Come va oggi?"
Non la guardo nemmeno in volto. Sorrido senza volere.
"Benissimo. Tra poco sarà tutto perfetto."

Fine

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