lunedì 22 settembre 2014
13. Vivi
L'afa rendeva l'aria pesante.
Le copiose piogge dei giorni precedenti avevano gonfiato ruscelli e rigagnoli, che in quel momento correvano tra gli alberi verso valle.
Pochi rumori oltre allo scorrere dell'acqua interrompevano il sacro silenzio della foresta. Le gocce che si accumulavano e cadevano dalle ampie foglie dei Fiori Arborei cadevano a terra senza rumore, assorbite dal fitto tappeto di piantine.
L'umidità incrementava il calore nell'aria. Poche creature sembravano a loro agio in quella foresta afosa.
Un Ragnomosca di grandi dimensioni svolazzava pigramente da un fiore arboreo all'altro, cercando qualche cella di nettare ancora piena di cui nutrirsi. Di norma un Ragnomosca non supera le dimensioni di un gatto, ma l'esemplare era riuscito a crescere ulteriormente divorando tutte le risorse a cui era riuscito ad accedere. Tuttavia, la stazza lo rendeva ancora più bisognoso di nutrimento, e ciò lo costringeva a spostarsi continuamente, in cerca di nuove fonti di cibo.
Si apprestava a lasciare l'ennesimo Fiore Arboreo privo di nettare, quando avvertì un forte odore di carne morta portata dal vento.
Istintivamente, il Ragnomosca spiegò le quattro ali trasparenti e iniziò a farle vibrare; sbattendo contro il grosso e peloso addome, le ali riuscirono a sollevare il corpo grassoccio dell'insettoide, provocando un profondo e fragoroso ronzio.
L'odore e la promessa di un pasto facile guidarono l'animale direttamente alla fonte: un corpo umano, o meglio, ciò che ne rimaneva.
Dapprima titubante, il Ragnomosca saggiò con i sui barbigli il sangue rappreso attorno ai resti della carcassa; ma in breve la fame ebbe il sopravvento, e le sue quattro fauci si aprirono per addentare un lembo di intestino penzolante.
Il morso non arrivò a chiudersi.
Come un fulmine a ciel sereno, un coltello aprì in due la testa dell'animale.
"Evvai, questo è grosso!"
Lio ridiscese dal tetto della navicella, malamente conficcata nel terreno e sostenuta dai tronchi squarciati dall'impatto. Il sole era sorto tre volte da quando si erano schiantati, ma le giornate in quella foresta umida e bollente sembravano durare settimane.
Si lanciò, atterrando ammortizzando il salto e badando bene di non perdere la presa sull'insettoide che aveva appena ucciso e che teneva sottobraccio. Lio sputò a terra, tentando di scacciare dalle narici l'odore pestilenziale nell'aria. La carcassa del Marine, o meglio la metà che si erano portati dietro fuggendo, si era rivelata un'ottima esca per procacciarsi grosse prede, ma il prezzo da pagare era il tanfo ogni giorno più pungente.
Il corpo morto dell'animale era voluminoso ma leggero. Lio entrò nella navicella e lo buttò a terra.
Elysa era seduta in un angolo, appoggiata al muro col cuscino dietro la schiena.
"Come va la ferita?" chiese Lio.
"Come sempre." rispose lei quasi sottovoce, sistemandosi il bendaggio di fortuna che aveva attorno al braccio. Lio era uscito sballottato ma illeso dall'impatto, Elysa invece presentava un taglio profondo che andava da spalla a gomito sinistro.
Lio tornò a concentrarsi sull'animale. Con mano ferma, affondò il coltello nel'addome dell'insettoide, aprendolo da cima a fondo. La ragazza distolse lo sguardo, inorridita.
Lio continuò la sua opera di macellazione: separò le due metà dell'addome, si fece largo tra il sangue e i fluidi appiccicosi, tagliò via con cura le due sacche di uova speculari ed estrasse i due morbidi filetti bianchi che facevano da cuscinetto a queste ultime.
Lio ne addentò uno senza troppi complimenti.
Per sapore e consistenza, sembrava di mangiare budino al gusto di niente. Tuttavia riempivano lo stomaco, e il coraggio di Lio nell'assaggiare quel pezzo di carne giorni prima gli aveva garantito la sopravvivenza a pancia piena.
Mentre dava un altro morso, porse il secondo filetto a Elysa. Lei si ritrasse come se la stesse minacciando di morte.
"Devi mangiare." la rimproverò.
"Io non mangio niente che sia uscito da quell'essere mostruoso!"
"Ma è buono!" insistette, mordendone ancora.
"Non importa! È uno schifo! Vai via!" urlò lei, riparandosi gli occhi con le mani.
Lio sospirò, chiamando a sé tutta la pazienza che aveva a disposizione. "Da quando siamo qui, tutto ciò che hai mandato giù è dell'acqua piovana. Sei ferita e hai perso molto sangue, sei smagrita e molto pallida. Lo so che sembra una cosa vomitevole, ma ti assicuro che questo pezzo di carne è perfettamente commestibile."
"Ma io..."
"Niente ma. Non abbiamo scelta. Se vuoi sopravvivere devi ascoltarmi."
Elysa parve cambiare pian piano opinione, rialzando lentamente lo sguardo.
Di scatto, si alzò e fissò Lio negli occhi.
"Senti chi parla! Se TU avessi ascoltato ME, ora non saremmo qui!"
Lio chiuse gli occhi. Era riuscito a mantenere la calma fino a quel momento, doveva resistere ancora.
"Non ha importanza ora."
"Certo che ha importanza! Se tu non fossi impulsivo e testardo come sei, non ci troveremmo in questa situazione di merda!"
"SÌ, È UNA SITUAZIONE DI MERDA!" sbottò infine Lio "Lo vedo bene, so come siamo messi! So che è colpa mia! So che me lo rinfaccerai ogni volta che mi vedrai da qui all'eternità! Ma so anche che se non reagisci a questa situazione e non mangi qualcosa, allora morirai! Quindi che vuoi fare, ripetermi che è colpa mia o mangiare questo fottuto pezzo di carne?"
Elysa abbassò lo sguardo, non trovando nulla da rispondere.
"E va bene" acconsentì, dopo qualche attimo di silenzio. "Ma ad una condizione. Se devo mangiare quella cosa, la voglio cotta."
"E come facciamo a cuocerla? Non abbiamo una cucina su questo trabiccolo!"
"Basta un fuoco per cuocere la carne, genio! Non sei mai stato in campeggio?"
"No, mai stato. Ma una cosa la so: con questa umidità, non riusciremo ad accendere neanche una discussione."
Elysa si grattò la testa, riflettendo. "Magari con il carburante della nave un po' di legna potrebbe ardere anche se umida. Tanto a questa navetta non servirà più."
Lio pensò prima di rispondere. Come compromesso era ben accettabile, e in fondo anche a lui la carne cotta avrebbe dato più soddisfazione di quella cruda. Inoltre, un fuoco per asciugarsi avrebbe fatto comodo, in quell'aria umida e afosa.
"Molto bene. Proviamoci."
Non fu facile.
Il terreno all'esterno della nave era impregnato d'acqua, e ciò non facilitava le cose. L'unica situazione attuabile fu appiccare il falò dentro la navicella.
La soluzione parve funzionare, anche se il metallo attorno alle fiamme era diventato rovente e il fumo tendeva ad accumularsi nell'abitacolo. Aprendo tutti i portelli la situazione migliorò leggermente, e il metallo arroventato si rivelò essere un' ottima piastra per il filetto di Ragnomosca alla griglia.
"Questo fumo allontanerà le prossime prede" constatò Lio, amareggiato.
"Puoi sempre spostare il nostro amico esca altrove per ammazzare quelle orrende bestiacce" propose Elysa, a bocca piena.
Lio si ficcò in bocca l'ultimo pezzo di carne. Abbrustolita, almeno acquistava un po' di sapore.
Uscì dall'aria affumicata della navetta e si tuffò in quella umida all'esterno; Elysa lo seguì, ed entrambi si sedettero sul tappeto di piantine verdi.
Era bello rilassarsi, nonostante tutto.
"Che faremo?" chiese Elysa.
"Rimettiamoci in sesto adesso" rispose Lio "quando saremo in forma, vedremo il da farsi. Cercheremo una città, ci sposteremo, insomma inventeremo qualcosa."
"Niente in contrario" disse lei, sdraiandosi. Lio la imitò. Se ne rimasero in silenzio, a guardare il cielo terso, ad eccezione della colonna di fumo che saliva dalla navetta.
Lio fu colto da un dubbio. "Ma non è che la colonna di fumo ci rende individuabi-"
WAMP.
Una palla di elettricità, una specie di ammasso di fulmini blu, apparve sopra di loro, dal nulla.
"Merda."
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